giovedì 13 maggio 2010

Vittorio Stefanato, Corbolone (VE)

Nato il 13 aprile 1910. Barcaro.

Nastro 1987/3 - Lato B     [da 23:09 a 31:38 fine - sul nastro originale]        10 gennaio 1987

Nel '17, quando siamo scappati, che venivano avanti i tedeschi... sono venuti a chiamarci alle quattro del mattino, Ijio Campanèr: «Damante! Damante! varda che xe qua i tedeschi, i xe qua a Loncon, bisogna scampar!» [Damante = Leodamante, nome del padre di Vittorio].
Eh, mi ricordo. Avevo la traverséta, non avevamo mica ... avevo le mutande "col rabalton", una volta; erano fatte come la marina. E su tutti! A piedi, camminando, arriviamo sul bivio dove c'era un gelso che chiamavano el morer dee àneme, perché era di tutti. Si trovava tra Corbolone e San Stino e forse c'è ancora, al bivio che viene da Loncon, Lison ... da Portogruaro. Era in mezzo al bivio.
Via, via, via! perché c'erano i tedeschi. Avevamo questo "barba Bortolo" [zio Bortolo] che doveva venir via anche lui e invece: «Non vengo via, non vengo via». È rimasto là e appena arrivati i tedeschi è morto dal dispiacere perché avevano fatto della sua casa una casa di tolleranza. È morto dall'avvilimento. Aveva più di 80 anni. [...]
Mi ricordo che mi hanno messo su un carretto, su un birocio. La nostra casa era vicino alla chiesa. Alle quattro di mattina avevamo già preparata la roba, perché si sapeva che venivano avanti i tedeschi. Lo sapevamo perché si sentivano i colpi come da qua a là.
Siamo partiti subito e mi hanno messo su un carro perché ero bambino. In quel giorno che siamo partiti non eravamo tutti i fratelli; i più vecchi erano in barca con mio papà, a bordo della barca, a lavorare a Casier, a Venezia. Ma c'era anche mio papà, adesso che ricordo, era venuto a casa.
Eravamo - di fratelli - io, Bruno, Angelica, Elena e [...]. In tutto cinque fratelli, gli altri due fratelli erano in barca, più mio papà e mia mamma.
Mi hanno messo su questo carro e un soldato mi ha dato un pezzo di cioccolata così. Al morer dee aneme c'era il bivio che venivano avanti gli italiani inseguiti dai tedeschi. Venivano avanti con i carri, coi muli. Una colonna ... non ricordo di preciso come fosse. Avevo sette anni, ma però mi ricordo tutto. Non pioveva. Siamo andati a San Stino di Livenza e a S. Donà di Piave. A San Donà, presto, presto, presto. Presto, bisogna far presto! Passare il ponte perché devono far saltare il ponte! E difatti non abbiamo fatto ora neanche ad andar di là, a passare, che l'hanno fatto saltare, con la gente e tutto!
D. L'ha visto lei?
R. No, no, no. Noi eravamo quasi a Fossalta di Piave.
A Fossalta di Piave, fra una roba e l'altra, c'era Giannino Ancilotto che ha abbattuto un apparecchio ... e dopo, camminando siamo arrivati a Roncade. A Roncade ci hanno messo a dormire dentro il Castello. C'erano quelli addetti. Abbiamo dormito a Roncade e alla mattina dietro siamo partiti e siamo venuti a Casier. 
A Casier la barca era pronta, carica. Siamo andati a bordo, a bordo della barca che aveva nome Gigetta, [un burcio] di Barina, e siamo venuti giù per il Sile. Abbiamo passato la conca [di Portegrandi] e di qua c'era un rimorchiatore che ci aspettava per portare la ghiaia all'Arsenale. 
Poco distante da Portegrandi c'era un pontone che si chiamava Monte Cucco che sparava su [verso] Motta di Livenza ... boom. Il pontone è una barca in ferro, quadrata, con un cannone a bordo.
Noi siamo arrivati a Murano, ci hanno preso tutta la famiglia, con la roba che avevamo e ci hanno portato all'albergo Luna a Venezia, che è di fronte alla Salute. Là siamo rimasti tre giorni e dopo è venuta una barca delle nostre, [al comando] di Pietro Verroi e ha imbarcato tutte queste famiglie, da Jesolo, da Casale ... tutti quelli che erano andati profughi. Era gente di tutte le sorti, non solo barcari. Tanta gente.
D. A voi, chi ha indicato quella strada, di andare fino a Casier a prendere la barca?
R. Eh, mio papà, perché c'erano i rimorchiatori che ci portavano a Venezia. Nessuno ci ha dato indicazioni. Noi ci siamo arrangiati per conto nostro. Però quando siamo arrivati a Murano ci hanno portato all'albergo Luna e dopo tre giorni è arrivata questa barca, con il vapore. Ci siamo imbarcati e ci hanno portati a Chioggia, e sul porto di Malamocco un'altra battaglia aerea fra tedeschi e italiani. Porto di Malamocco, agli Alberoni, insomma. E noi ci siamo fermati, fermi là, mi ricordo...
Siamo andati a Chioggia e ci hanno imbarcato sul treno di Chioggia che va a Rovigo. A Rovigo abbiamo cambiato treno e siamo andati a [...] e là abbiamo fatto la Bassa, l'Adriatica. E adesso le racconto che ho visto il mare per la prima volta. Passavamo lungo il mare, e dopo non mi ricordo più niente.
Dopo invece, quando eravamo profughi a Montorio sul Vomàno, ero bocia, certe robe non posso ricordarle tutte, sarei un computer!
Siamo arrivati a Montorio sul Vomàno, vicino là, sul Gran Sasso d'Italia. Il Vomano è un fiume e là c'era tutte pietre che lavoravano par ugàr [per affilare].
Là ci siamo trovati bene, altro che dicevano: «Te fasso magnar da un profugo» ai bambini. Gli facevano prendere paura...
D. Non vi volevano bene, allora?
R. No, neanche tanto!
D. Vi trovavate male, allora?
R. Non male, perché andavo all'asilo.
D. Mi spieghi questo discorso del "ti faccio mangiare da un profugo!"
R. Ci credevano bestie, ah!...
Interviene la moglie, Virginia Parpinel. E' come che dicevano che i Russi mangiavano i bambini, no...
[Poi] avevo una sorella (la più vecchia... precisa la moglie) che è andata a servizio da un colonnello, a Teramo; [...] il colonnello che ci ha fatto andare con tutta la famiglia a Teramo. Sicché noi siamo stati dopo sempre a Teramo. 
Quando è venuto l'armistizio mia mamma, appena finita la guerra, è andata a vedere la situazione ... e siamo partiti, nel '19.
D. Anche suo papà è stato a Teramo?
R. No, no, no... Mio papà [classe 1863] e mio fratello, che era del '3, aveva 15 anni ... era in barca, ma militarizzato, con la fascia. Era rimasto qua, sui fiumi. Anche mio papà, non è venuto via con noi...
D. E cosa rimase qui a fare suo papà?
R. Perché era abile per il servizio militare... Non era militare, era militarizzato sotto il Genio Marina. Erano tanti, tanti barcari! Sennò chi le portava avanti, le barche? Mio fratello e mio padre erano in barca e quell'altro fratello, del '900, è stato chiamato anche lui; ma lui, è stato chiamato alla fine e non ha neanche partecipato alla guerra.
Nel 1919 siamo venuti a casa. Laggiù ho fatto in tempo ad andare a scuola, là a Teramo, mentre a Montorio sul Vomàno andavo all'asilo. Davanti alla nostra casa c'era l'asilo e la caserma dei carabinieri. Eravamo in una famiglia composta da una donna sola, vedova, non so. Eravamo in casa con lei, stavamo bene però, avevamo il sussidio. A Teramo ho fatto la prima elementare.
D. Come si trovava con gli altri bambini che parlavano un'altra lingua?
R. Eh, se parlano l'abruzzese non li capisci mica ... ma ci capivamo. Ci si capisce tutti, si parlava italiano ... ma qualche parola in dialetto scappava ... però ho parlato poco l'italiano, anche da militare, con tutti "i generali"...

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