venerdì 7 maggio 2010

Intervista a Prospero Vieceli

Nato nel 1907 a Fonzaso, dove risiede.

Nastro 1999/5 - Lato A  [da 12:45 su nastro originale]               17 settembre 1999

Tutto qua! (mi mostra la fronte) ... è il periodo della prima guerra mondiale.
D. Cosa si ricorda?
R. De tút!
Siamo stati un anno senza gli italiani, siamo stati qua sotto i tedeschi. Ah, mi ricordo come fosse adesso...
La nostra casa è del 1902, rimasta intatta con la guerra, non ha subito alcun danno.
I tedeschi, a quel tempo, erano presi malamente e soffrivano tanto, sta povera gente...
Gli italiani in ritirata, venivano avanti con le mani in tasca, perché l'Austria e i suoi amici erano presi tutti dalla fame, ed erano vestiti come i mascalzói, sti póri soldadi. Mi ricordo come fosse adesso.
Io li ho visti gli aviatori italiani, che buttavano giù gli aeroplani tedeschi. Noi non sapevamo se fosse Baracca, ma sapevamo che era italiano, che gliele dava ai tedeschi. Si vedevano questi aerei dove ci sono quelle colline, quelle montagne là, a Roccon. Però ha sbagliato anche Francesco Baracca: quando non trovava più aeroplani tedeschi, andava dentro per le trincee a bombardarli, a mitragliarli, la povera gente. Povera gente sì, ma avevano lo schioppo anche loro e gli hanno tirato e l'hanno preso; ma era tanto che lo faceva, finché una volta gli è capitato così, a Francesco Baracca!
D. Quando gli italiani sono scappati...
R. Non scappati. Un anno prima che finisse la guerra il nostro esercito era a pochi metri da Trento; il General Cadorna li ha fatti tornare indietro e per qua sono passati gli alpini, la fanteria, di tutte le specie. Cannoni tirati a mano, con quelle piastre là, di ferro, che facevano sblif sblaf.
Io andavo, scalzo, a vedere questi poveri alpini che tornavano indietro. Erano contenti, anche ... però una cosa devo dire ... quelli che erano del 7° alpini qua di Feltre, a tornare indietro e lasciare tutte le famiglie qua ... hanno preso le armi, le hanno date agli ufficiali e sono scappati su per le montagne.
Sono rimasti qua, e a Fonzaso ne avevamo 16-17 del paese, di Frassené, di Arten. Erano tutti su di qua, senza armi, scappati. Loro hanno detto così: «Se noi lasciamo le nostre famiglie - ce n'erano anche di maritati, a quel tempo - in mezzo ai tedeschi, andiamo a combattere perché? Quando qua ci hanno lasciato le nostre famiglie sotto i tedeschi» ... e sono rimasti qua; e gli ufficiali a corrergli dietro...
Quando poi è finita la guerra, sono tornati nell'esercito di nuovo e li hanno mandati a casa come gli altri. Gli ufficiali avrebbero ovviamente voluto che restassero con loro.
Gli italiani avevano fermato i tedeschi sul Col di Lana, che là è stato il cimitero dell'Italia e sul Piave e sul Grappa.
D. Ma dove si nascondevano questi soldati che erano rimasti qua?
R. Su per le montagne, sull'Avena, sul Monte Avena, a nord di Fonzaso, sei sette km a nord del Grappa in linea retta.
Per mangiare venivano giù, di notte ... e c'era mio padre che veniva dalla campagna con un cesto di pomidoro di quelli piccoli, perché una volta non c'erano mica pomidoro grandi, c'erano di quelli piccoli, selvatici; e se li mangiavano come... Venivano qua, dentro su questa cucina, in sette otto di Fonzaso. E la polizia dei tedeschi? Guai a Dio... !
Mio padre si chiamava Giacomo Vieceli detto Baracca. Adesso le racconto anche il perché si chiama Baracca ... [mi racconta dell'emigrazione di suo padre in America, Stati Uniti, nelle miniere di carbone, dove gli pesavano giorno per giorno, ogni sera, quanto carbone avevano scavato, lavoro a cottimo ... di come si fosse sposato, senza neanche un soldo andando in prestito del vestito ... e poi si fosse fatta la casa ... ma non era riuscito a coprirla del tutto e in paese gli dicevano che sembrava una baracca. Così ritornò ad emigrare finché riuscì a finire la casa, nel 1902. Ma intanto il soprannome rimase...]

C'erano le compagnie degli alpini che cantavano questa storia qua: [canta]

El general Cadorna l'ha scritto alla regina
se vuoi vedere Trento prendi la cartolina
bim e bim e bom...

... e io gli correvo dietro, scalzo, perché mi piaceva sentirli cantare.
Loro venivano giù contenti, poverini, perché marciare (via) dal fronte è una bella cosa, perché io l'ho provato, nella seconda guerra.
Andavano dove li portavano, perché si sono fermati qua su in provincia di Belluno, perché il Grappa è in provincia di Belluno.
E un'altra storia cantavano, che mi ricordo come fosse adesso ... ma è bella questa qua:

Su in cima a quelle Alpi c'è la neve
rossa di sangue, sangue italiano
c'è l'Austria che la stringe a mano a mano
ma la vendetta non tarderà
gioia mia...

Eh, i soldati!

gioia bella se tu mi ami
non più l'Italia tu devi amare
le Alpi nostre è il nostro amore
Trento e Trieste veniamo a conquistar
bum, bum, bum...

Non è bella questa qua?

Mi ricordo della fame (me ricorde de la fam). C'erano [gli abitanti] di quei paesotti del Grappa verso il nord. Erano capitati qua [profughi], chi trovava una casa e chi niente. Ma casa che? Sui fienili bisognava che dormissero, altro che profughi. Non era come adesso che li aiutano, una volta non la aiutavano la povera gente, no, non è neanche da pensarci. E allora, poverini, erano senza mangiare, senza case e famiglie magari di quattro cinque ragazzi. Qua ... fame!
Per dormire si arrangiavano come potevano. C'erano dei barchi di paglia, una volta - che adesso non ci sono più - il tetto era in paglia e sotto c'era il fieno, e dormivano là.
D. Anche d'inverno?
R. Sono stati là poco. Poi sono venuti gli italiani e sono andati ancora a casa sua. [?]
D. Di che paesi erano?
R. La Rocca, Arsiè, Mellame. Tutti quei paesotti da quelle parti là verso il Grappa.
Da mangiare non ce n'era. Morivano di fame, e noialtri poco da mangiare anche noi. Perché mia madre e mio padre avevano iniziato a nascondere il sorgo sotto il fieno, sotto quello e sotto quell'altro, così noi ce la siamo anche cavata un po' alla meno peggio. Ma do mesi, sior, fam!
D. Finché non è arrivato il nuovo raccolto?
R. Ecco, finché non è arrivato il nuovo raccolto... 
Quello che non avevano mangiato questi poveri tedeschi! Che mangiavano le pannocchie, le abbrustolivano e poi le mangiavano come dei bussolà.
C'era tutta la povera gente che veniva per le strade. Eh, adesso non c'è più nessuno! La povera gente, erano tutti coltivatori ... perché ce ne sono delle storie, avrei da raccontarle tante robe! 
Perché una volta qua in paese c'erano cinque-sei signori e dominavano tutto il paese e i contadini. La povera gente che doveva lavorare per loro il sorgo (granoturco): due pannocchie per il padrone e una a quello che aveva lavorato. Non mezzo e mezzo, così erano le terre, qua! E quando che la gente, come mio padre e tanti altri sono andati in America, in Francia, in Svizzera ... allora (i signori) hanno iniziato a vendere la terra. Perché ce n'era della terra, ce n'era tanta!
D. Chi erano questi signori?
R. Bianco, Elpansch [?] - di origine tedesca, Mengotti e poi ancora ma non mi ricordo più ... erano loro. Quelli che avevano le donne belle, quelli che avevano qualcosa di più degli altri. Perché qua c'erano delle belle donne, sa... Adesso no, eh ... anche se mia nuora, che è venuta a trovarmi questa mattina, è così ben fatta che mi tocca guardarla! È della bassa Italia, è una calabrese, di Monte Folone [Mottafollone] in Calabria...
D. Dopo Caporetto, i signori sono rimasti qua?
R. I é marciài subito, tuti i é marciài... [sono scappati subito, tutti sono scappati], prima che venisse la ritirata. Tuti i é marciài.
D. E il sindaco, chi era il sindaco?
R. Sior, podaria [potrei] anca parlar mal? Qua c'era sindaco uno che saranno stati sei sette anni che era sindaco e ormai non potevano più cambiarlo, perché non poteva ... la povera gente, niente da fare. E lui faceva a modo suo. Aveva le mani ... io dico che aveva le unghie lunghe come i brink [?] de la stalièra, la stalièra, quella che pesa [stadera]. Io dico che aveva le unghie lunghe così. Ladro! Era uno da maritare, era d'accordo con il prete; perché io non ci credo niente ai preti, io sono stato combattente ma non ho mai ucciso nessuno, e sono combattente. E neanche del male ne ho mai fatto, perché ho fatto anche tre anni la ultima guerra qua [...] io sì che sono stato chiamato. Mi hanno tenuto là tre anni, con tre figli qua, e la moglie e mia madre; ma io non ho fatto del male a nessuno.
D. Mi racconti di questo sindaco, da sposare...
R. Il suo nome è anche scritto fuori della sua casa, dove "ha lasciato" ... sulla piazza dei Frati, l'ultima piazzetta per andare in Primiero, là c'è un'insegna grande dove è scritto il suo nome.
Quello era un ladro di prima qualità, finché è arrivata la morte anche per lui. Ha preso, figli non ne aveva ... ha lasciato tutto ai frati. Ma sa quanta roba! Là dopo via Frassenè ... fabbriche quassù verso Fàller. El pascolon e poi case anche là... Ma era uno che aveva rubato tanto. Perché un sindaco - a quel tempo la povera gente era ignorante - allora lui gli diceva "firmate qua, firmate là". E lui diventava padrone, e messo piede in un posto ... quelli che gli erano attorno, sempre più si allargava, imbrogliandoli tutti...
Lui andava anche d'accordo con il prete, perché il prete era d'accordo con lui. Ladro anche il prete! 
Però stiamo parlando prima della guerra mondiale!
Durante la ritirata qua in paese c'erano due preti: uno è rimasto, il parroco vero e proprio, mentre il cappellano se n'è andato via.
D. Degli abitanti di Fonzaso sono partiti in molti?
R. I sióri sól! Tutti gli altri sono rimasti qua.
Mi ricordo che dal Grappa tiravano sulle rocce, sopra le case, in modo di non far morti qua. Erano "prolungati", gli dicevano, erano cannoni che venivano dalla Francia, perché se l'Italia, quella volta non l'aiutava la Francia e l'America avrebbe perso la guerra. Io ho sempre sentito dire così, dai nostri combattenti.

Nastro 1999/5 - Lato B

Con la spagnola non c'era neppure il dottore. Ne ho viste anche sei sette casse, io, a portarle al cimitero in una giornata ... e poi sempre ancora.
Noi in famiglia non abbiamo preso la spagnola. Mio padre non l'ha presa, era un omenon in gamba.
D. Allora c'era tanta fame, e i suoi paesani per sopravvivere, cosa mangiavano?
R. Erba sui [dei] campi; la cucinavano, mangiavano l'erba e bevevano anche un po' di brodo, se era ristretto.
D. Che erba era?
R. Erba di campo. Non radicchio, i radicchi li avevano già presi prima. Era erba, così, la cucinavano. Ma non erba diritta, "erba di foglia". Non ortiche: erba di campo. 
Il vino se l'erano portato via i tedeschi, le bestie anche ... poveretti, anche loro avevano bisogno di vivere, perché erano presi malamente a quel tempo i tedeschi. Perché gli italiani hanno vinto la guerra proprio per la fame dei tedeschi... 
D. Quando sono arrivati gli italiani, il 4 novembre, avete fatto festa, qua in paese, suonato le campane?
R. Macché, sono arrivati gli italiani, stufi di stare sotto il militare, (contenti) per aver portato a casa la pelle. Qua in paese non è stato fatto niente di particolare. [...]
All'epoca della guerra eravamo in quattro figli, io maschio, e tre sorelle che erano più vecchie ed ora sono tutte vive. Ce ne sono qua in paese e fuori del paese; ne ho una a Cremona.
Durante quell'anno mio padre mi diceva sempre: sta qua perché puoi farti male. (I tedeschi) buttavano a casaccio le bombe, le munizioni; tante bombe buttate via a stròss... E di questi ragazzi ce ne sono stati quattro cinque qua in paese che si sono fatti male con queste bombe. Perché ne prendevano su una e poi la buttavano dentro sul fuoco e se non erano veloci a scappare si rovinavano le gambe. Così, anche qua nella nostra contrada...
A noi, i soldati non facevano niente. Non ho alcun ricordo particolare. Non ci potevano fare del male, perché non gli si faceva del male.
Con le donne non ci sono state violenze. Quelle che andavano in cerca di qualche ufficiale, prima, e poi di qualche soldato ... Così ce ne sono stati tanti, non tanti ... tre-quattro ... di nati in quell'anno là. Hanno fatto porcherie, poi "hanno comprato" qua sotto gli italiani e li hanno allevati e sono venuti grandi, bravi ragazzi, ma quelli erano figli dei tedeschi. Nessun tedesco si è poi sposato con le nostre. [Mi son dimenticato di chiedere se poi le "ragazze-madri" si sono  sposate.]
Questi figli dei tedeschi saranno stati tre o quattro, o anche di più, ma non sono nati con la violenza.
I tedeschi avevano quasi paura di noi. Era un "esercito mort de fam, oramai", l'Austria. Perché la Germania anche a quel tempo ... sono stati qua i germanici due giorni, hanno "raspato" su le vacche, gli asini, qualche pecora e poi si sono ritirati, e hanno lasciato qua l'esercito austriaco, ma loro se ne sono andati di là e si sono portati via roba da mangiare. Non hanno fatto del male alla gente, i germanici, hanno portato via tutto, loro, e hanno lasciato qua l'esercito austriaco senza niente.
Gli austriaci, su questa strada qua sopra che costeggia la mia casa avevano la cucina a due ruote, e mentre marciavano la roba si cucinava mentre marciavano. Per far da mangiare erano magari in tre quattro e mischiavano questa farina bianca e ci mettevano dentro altra farina, per allungarla. Facevano come una pasta tonda e grande. Poi la strappavano a manciate e facevano come delle "ballotte", ma non come la mia mano, come il mio pugno, ma più piccole ... e ne davano a ogni soldato una di queste porzioni, e del brodo con cui era cucinata questa pasta. Ne davano un piccolo mestolo ciascuno, e con quello erano a posto. Come pane gli davano 40 grammi a testa ... potevano vivere, quella povera gente? Volevano che morissero, e bella finita!
D. Come fa a sapere che gli davano solo 40 grammi?
R. Perché era una pagnotta grande così [piccola come il suo pugno]. Era scura, e dai bordi usciva fuori come della roba verde, della verdura, per allungare il pane. Poveretti ... povera gente...
E morivano, sul Grappa. Stavano qua una notte e invece di dargli da mangiare ... li portavano avanti come fossero state bestie che dovevano essere ammazzate. Su, sul Grappa, e da là non tornava indietro nessuno.
La cucina mobile che ho visto io, ricordo che era trainata da un cavallo.
Noi bambini eravamo sempre dietro, assieme ai soldati; ma non erano gente cattiva, non avevano il cuore cattivo.
Aspetti che le racconto, qua c'era il brolo di Elpansch ... il brolo non era un giardino ma era un grosso appezzamento di terreno, recintato [con alberi da frutta, ecc.] e là questi poveri tedeschi avevano seminato dappertutto, zappando. Non c'erano mica trattori, e soprattutto facevano zappare ai prigionieri italiani, ai prigionieri di tutte le parti che loro prendevano. Seminavano pomidoro, cetrioli, verdura insomma ... carote, patate. E c'erano questi ragazzini del paese, ce n'era uno che abitava qua in contrada che aveva il padre che faceva il vachér presso un possidente qua vicino alla chiesa di Fonzaso. Questo bambino aveva fame e saltava dentro al brolo [scavalcando il muro di cinta]. Si prendeva un pochi di cetrioli e se li metteva in tasca... 
Si vede che erano tanti giorni che faceva così e i soldati austriaci che erano dentro al brolo un bel giorno lo hanno preso e io ... ero andato scalzo a far compagnia a mio padre che era andato sul campo a lavorare proprio di là del muro dove questi tedeschi coltivavano la verdura ... tutt'un tratto questo ragazzo ci capita fuori in strada, volando sopra il muro. Lo avevano buttato fuori, loro! Il ragazzino era piccolino. Si vede che lo hanno preso in due e gli hanno fatto fare il volo oltre il muro che sarà stato alto un metro e mezzo. Questo bambino lo chiamavamo Tàppare, ma non ne ricordo il nome, adesso è un pezzo che è morto. Appena sceso a terra dal lancio, il bambino si rialza, si riassetta i calzoni, se li pulisce con le mani e poi se ne va a casa...
C'erano prigionieri italiani e russi. I russi avevano un pastrano color viola, ma non parlavano con nessuno. Quelli sono morti di fame, non gli davano da mangiare. Zappavano sulla terra dove già avevano levato le patate e se ne trovavano ancora qualcuna rimasta, grande come una nocciola, una parte la mangiavano e una parte la mettevano via in tasca ... e dopo con la zappa e col piccone, a lavorare. I russi e anche gli italiani erano assieme.
D. A scuola, andavate a scuola, qua in paese?
R. No, scuola niente, a quel tempo là, niente: i maestri sono scappati, loro. Ne avevamo uno, noi: lo chiamavano il maestro Bocchi. Era stato capitano di artiglieria di montagna, ma a quel tempo era solo maestro, ed è scappato anche lui. [L'é marcià anca el].
Anche il dottore l'é marcià dirèto, è scappato subito. Noi invece siamo rimasti...
Alla fine della guerra i tedeschi se ne sono andati a casa con le mani in tasca...
D. Hanno rubato, fatto qualche marachella?
R. Sa cosa hanno fatto? 
[... ma inizia a parlare dell'ultima guerra: «Avevano detto: Non state far del male ai tedeschi, altrimenti»... ]
Ritornando alla prima guerra la partenza è stata tranquilla, nessuno del paese è insorto contro gli austriaci che se ne andavano [nel novembre 1918].
Erano stufi anche loro, poverini, gli austriaci. Gli italiani sono arrivati dopo, erano distanti. Non è che gli corressero dietro, non ne hanno ammazzato neanche uno, qua.
Gli austriaci sono andati via e il giorno dopo sono arrivati gli italiani, prima le camicie nere, no ... gli arditi, quei mascalzoni là, insomma.
D. Perché mascalzoni?
R. Perché di sì! Perché pestavano i prigionieri e io sono stato militare, per un bel pezzo, e ho sempre sentito dire: «Guai a Dio! Quando c'è un prigioniero bisogna aiutarlo e dargli da mangiare, se si può. Invece loro non facevano così, i ghe petéa, gli davano pugni, sberle...
D. Come fa a saperlo, lei?
R. Io? Ma non li ho visti, po'? Erano quaggiù sulla piazza grande davanti al Municipio. Ce n'erano una ventina di questi prigionieri, con le mani giunte, inginocchiati giù in terra. E noi ragazzi li si vedeva ... guarda, poverini. E passavano gli arditi, così, per farsi vedere dalla gente ... e giù uno schiaffo sulla faccia, come fosse niente, come fossero delle bestie. Capisce? Erano gli italiani , quelle porcherie là. Quelli erano capaci di farle tutte! Mascalzoni erano, uno con la testa a posto [non fa queste cose], pensa per lui, o anche per gli altri può pensare, ma in bene, non in male. E invece gli davano gnòche. [...]
Aerei. Durante la guerra dapprima venivano i caccia italiani, due-tre. Guardavano se c'erano le contraeree e se le vedevano, li ammazzavano dentro alla trincea («i li cópa entro sul búss»). Vanno giù e li ammazzano, e noi li vedevamo da qua mentre facevano queste manovre. Dopo i caccia, venivano gli aerei grossi, con le bombe. Quelli non possono mica star su, alti, per vedere dove c'è l'obiettivo. Così prima passavano i caccia a torghe a pèl [a fargli la pelle] alle contraeree e dopo venivano loro.
D. Ma non c'erano anche aerei austriaci, a contrastare quelli italiani?
R. Erano messi malamente, non avevano neppure aerei. Non avevano niente. Avevano poco, poco. L'Austria a quel tempo era messa malamente. Io a quel tempo non potevo sapere come fossero [in realtà], ma erano messi malamente.
D. Cantavano anche i tedeschi qualche canzone?
R. Macché, non cantavano. Gli veniva poca voglia di cantare, poréti. Stavano qua forse due-tre ore e poi fòra sol Grapa, su per il Grappa, e là era la morte. 
Mi ricordo che i comandanti tedeschi avevano cambiato il nome del Grappa e gli avevano messo il nome di Monte Fiore.
Fiore, fior, non è più il Grappa ... perché i soldati avevano iniziato a prendere paura; così andavano fuori tranquilli, sta povera gente...
La paura fa tante robe. Io non ho mai avuto paura, in vita mia, con tutto quel che ho passato. Ma sono sempre stato fortunato. Prima fortuna: la salute.
Nell'ultima guerra qua, avevano detto qua, i superiori [tedeschi] che se fosse stato ammazzato uno dei loro soldati loro ne avrebbero ammazzati dieci dei nostri. Invece, «di quei partigiani, di quei lazzaroni là, non hanno ammazzato un maresciallo dei carabinieri tedesco che stava andando a Frassenè, a cercarsi due tre uova per mangiare. Non sono andati ad ammazzarlo, quavvia, al ponte di Frassenè. Lo hanno ammazzato!». Allora, quando lo hanno ammazzato - però io ero militare a quel tempo, non posso dire - però lo so lo stesso.
C'era un guardiaboschi, un buon ragazzo che non faceva del male a nessuno. Stava giocando a carte in una bettola, sono andati là, quei lazzaroni, e l'hanno ammazzato. Poi c'erano tre inglesi su una baracca, che vivevano di carità, con qualche donna che portava loro delle patate e dei fagioli - come facevano durante la prima guerra mondiale con quelli che erano rimasti di qua delle linee - e questo qua, il guardiaboschi, per fare il suo dovere, ha mandato su i carabinieri tedeschi i quali li hanno presi subito e li hanno portati giù. Ed è per questo che quei lazzaroni là, che passano per patrioti, lo hanno ammazzato. [...]

La più bella cosa che io dico alla gente è: «Non state far del male a nessuno e vedrete che acquisterete molto del bene».
Mi sono sposato a 27 anni, quando avevo già fatto il militare "da permanente" a Conegliano, nel 56° Fanteria. Sono arrivato a 27 anni senza sapere cosa volesse dire una donna; mi sono sposato e non sapevo niente. Ho trovato una ... "na bèa tosàta, ciò" che mi voleva bene, e io anche, e siamo stati assieme finché lei è morta, quando aveva 84 anni. E prima di sposarmi io non sapevo niente; e dopo sposato sono stato dappertutto, in Svizzera. Dappertutto, ma non ho mai toccato nessun'altra donna. E così insegno io alla gente, perché uno che si procura femmine è la rovina di tante famiglie...

***

Tentativo di intervistare una donna di 101 anni nella casa di riposo di Seren del Grappa. Per l'ennesima volta non riesce.
Difficilmente le persone di quell'età riescono a ricordare con lucidità. O meglio le rare volte che mi è capitato di intervistarne ho avuto sempre questo esito deludente (tranne con Antonio Faccin) ... anche se la gente del posto diceva prima che, «no, no... il/la tal dei tali è ancora lucidissimo, ricorda tutto... ».

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