martedì 11 maggio 2010

Regina e Francesco Tittonel, Campea di Miane

Moglie e marito - Nati rispettivamente il 9 dicembre 1909 e il 10 gennaio 1910. Residenti al momento dell'intervista a Ciano del Montello (loc. Santa Mama).

Nastro 1994/14 - Lato B                      13 maggio 1994

Regina. Eravamo a mezzadria sotto il conte Gera, che abitava a Padova ma in paese aveva un gran palazzo.
Quando sono arrivati i tedeschi "me lo ricordo come fosse adesso". Ci hanno portato via i maiali, li hanno ammazzati e buttato via la testa; buttato via il fegato delle galline. 
Francesco. I primi arrivati hanno fatto un disastro, sprecato il cibo, ma poi hanno patito la fame anche loro.
Regina. I primi arrivati in paese erano ''quelli grandi", polacchi, mi sembra. Noi eravamo sulle finestre lungo la strada e mentre i soldati venivano avanti le donne lasciavano cadere frutti e fiori; sembrava che stesse per arrivare ... ma dopo, caro mio, abbiamo patito. Si dormiva tutti in una stanza grande.
Ai primi arrivati si ha fatto come un benvenuto, perché poverini mi par di vederli, con questo zaino, a piedi. Il paese ha pensato di accoglierli bene, non si sapeva che veniva avanti questa guerra. 
Poi sono arrivati i soldati a cavallo. Mi ricordo che noi eravamo coloni ed avevamo questo gran cortile davanti alla casa. Vi sono entrati i cavalli e questi secondi arrivati sono andati nelle cantine a prendersi il vino, oppure andavano nel granaio a prendersi la biava e la davano ai cavalli, sprecandola, e noi poi andavamo a raccoglierne i resti.
I primi, insomma, i a dissipàdo tut. Pestavano il fieno in mezzo al cortile con i cavalli. [...] 
Hanno fatto come i nostri che sono andati dentro là a Gorizia, i nostri soldati qua di Ciano, nell'ultima guerra [seconda guerra mondiale], che ne hanno fatte ... e poi lo raccontavano in paese, come una bravura! Uno qua del paese si è portato a casa anche dei materassi. Le donne che piangevano, perché gli rovinavano la casa. Si è portato a casa un materasso di lana, ma poi lo hanno ucciso là, non è più venuto a casa, no. Erano qua del paese, la maggior parte erano alpini.
I tedeschi, alla fine, andavano nelle rive su per gli alberi di fico con una mastella e raccoglievano fichi crudi, li lessavano e li mangiavano, perché avevano fame anche loro.
Campea è un paese piccolo; saranno stati 7-800 abitanti. È un paese tutto là ingrumà. C'erano 6-7 ragazze sui 17-20 anni che avevano patito la fame. Mi ricordo che noi lessavamo il sorgo, non quello della biava, «ma el sorg quel là che se fa i scoat» e si mangiava quello. Tutti abbiamo patito la fame, e si faceva una polenta rossa.
E queste ragazze, quando sono arrivati gli arditi italiani, i primi arrivati ... Noi eravamo sulla montagna, perché c'erano le bombe che partivano dal Mantel (Montello) che arrivavano proprio sul paese, anche se la nostra casa non è stata colpita, e anche se il paese è distante una ventina di km dal Piave...
Noi eravamo dentro la stalletta, come in un rifugio, e sentiamo dire: «Ghe n'é i arditi, ghe n'é i taliani, ghe n'é i taliani!» [...] e allora fuori tutti, guarda, mi vengono i brividi anche adesso! 
I primi che sono arrivati hanno cominciato a far pastasciutta per noi. Queste ragazze che avevano patito tanto la fame hanno cominciato a mangiare, e gli arditi, i soldati, le incoraggiavano: «Mangiate, Mangiate!» ... e loro mangiano, mangiano, finché in 7-8 giorni sono morte tutte, da troppo mangiare. Non me ne ricordo il nome. [Noto che ha i brividi sulle braccia mentre parla].
Il padre di mio marito e mia nonna sono morti di fame, e anche la sorella di mio marito, che aveva quindici anni. Si gonfiavano tutte le gambe... 
Il padre di Francesco è morto di fame, aveva 72 anni e si chiamava Antonio Jassi (soprannome, come tutta la famiglia Tittonel, detti Jassi).
Io e Francesco vivevamo in questa grande casa dei Tittonel, dove tutti erano parenti; noi due lo eravamo di secondo grado. I Tittonel si sono divisi dopo la Prima guerra.
Anche mia nonna, Tittonel Giovanna, è morta di fame e pure la sorella di Francesco, Jijéta, di 15 anni.
Le donne andavano a rubare sul campo, giù fino a Motta di Livenza. [Alle Basse]. A rubare pannocchie col sacco, a piedi. Dopo li prendevano, poareti! E gli prendevano a biava e tut, ma lo stesso riuscivano a portar a casa un po' di biava. Mia madre, quando tiravano le bombe qua a Moriago, Mosnigo, Fontigo, andava lo stesso a raspar su forment...
Non c'era più niente da mangiare, tutto quello che avevamo, pollame, ecc. è stato distrutto, mangiato dai tedeschi appena arrivati.
In paese sono morti in molti, in quell'anno, e poi venivano sepolti al cimitero di Campea, dove pure venivano sepolti quelli di Preamor, una frazione vicina.
Una volta un ragazzo di Premaor (e mi viene ancora da ridere per la scena) ... non c'erano né tavole, né casse, né niente ... accompagna con il carretto al cimitero il padre morto, con sopra una coperta. Questo ragazzo passa per Campea e gli chiedono:
- Chi élo po quel là? [Chi è quello là?]
- L'é, llé me pare, l'ha ita. [È mio padre, ha detto].
Era sabòt, [balbuziente] e ha continuato a camminare con questo carretto da cui uscivano i piedi del padre morto.
Un'altra famiglia che abitava là vicino a noi, i Sandri li si chiamava di soprannome, avevano due bei ragazzini grandi così ... e gli sono morti tutti e due in pochi giorni. Allora sua madre e una loro sorella li hanno messi in un sacco e li hanno portati al cimitero. Non c'era niente per metterli...
Noi di fatto, lassù, eravamo in prima linea. Qua infatti - i paesi più vicini al Piave, Col S. Martino, Farra, Soligo, Sernaglia - erano tutti scappati, profughi. 
Invece a Campea nessuno è scappato, e neppure a Miane.
Mia nonna, andava rubare in una casa fuori del paese dove i soldati tenevano dei crauti dentro a delle botti di legno. Prendeva questi crauti e li metteva dentro alla tasca, ovviamente senza farsi vedere. Ma alcuni sono morti, perché non i iera boni paìrli [non riuscivano a digerirli].
Di tutte le vacche che i Tittonel avevano, i nonni sono riusciti a nasconderne una,  nascosta in una cantina.
I nonni avevano messo da parte alcuni marenghi d'oro, prima della guerra, e uno alla volta li hanno spesi per comprarsi del pane: «un marengo, na ciòpa de pan»
Il pane lo faceva una nostra zia, per conto dei tedeschi, e di una pagnocca si facevano 4 pezzi. Ai vecchi ne davano un po' di più che a noi boce, e in un attimo la pagnocca era mangiata. 
Intanto la vacca nascosta, siccome in qualche modo mangiava, era diventata ben in carne e a quel punto i tedeschi ce l'hanno sequestrata e in cambio ce ne hanno data una di magra.
Francesco. Era mio nonno a mungere, e dava un "minestrino" piccolo di latte a testa, a tutti i ragazzi; ed erano in tanti a casa.
Regina. La famiglia dei Tittonel era composta da tre ceppi diversi per un totale di quasi 30 persone che dopo la guerra si sono divise.
Il capofamiglia era Antonio Tittonel, il nonno, quello che è morto. Lui era el paron de casa, abituato a bere vino, perché lui aveva le chiavi della cantina. Rimasto senza vino beveva caffè, di quello con la pignatèa, e così si è gonfiato le gambe ed è morto.
Nel cortile della nostra casa c'era l'ufficiale di posta. C'erano anche i cani che portavano la posta, e noi bambini ci affacciavamo alle finestre per veder se ci davano qualcosa da mangiare. A volte qualcosa ci davano, magari bisi [piselli].
Nel palazzo dei nostri conti padroni, c'era una scaletta per scendere, e i soldati cucinieri vi buttavano le scorze delle patate. Io che ero bambina mi ricordo che «ndée con la sécia a tor su le scorse», anche se le scorze erano messe in un punto in cui - sotto la scaletta - gli ufficiali venivano giù per farvi la pipì. Orinavano sopra le scorze, e noi le si lessava, quelle scorze di patate, e le si mangiava!
Francesco. E le pannocchie di granoturco le mangiavamo quando si erano appena formate sulla gamba. Le si mangiava crude, così come stavano. Dopo, quando sono diventate un po' più mature, allora le si lessava. Ci avevano infatti lasciato un campo di terra - per ogni famiglia - per seminarvi el soturco. Solo che poi i tedeschi vi hanno lasciato andar dentro i cavalli e così si è perso tutto.
Avevamo di quelle rive, di quelle vigne! I cavalli hanno pestato tutto, non è rimasta in piedi neppure una vite.
Avevamo di quei larici grossi così, sulle rive, e loro li hanno tagliati.
Là in paese c'era un ragazzo di 17-18 anni, Ettore Silvestri chiamato Eto, che sapeva parlare il tedesco. Era stato emigrante, e quello in qualche maniera riusciva ad andare in cucina a farsi dare delle pagnocche, «ain grosse kraine» [?]...
E i cani della posta? Quando partivano, noi subito andavamo a vedere nella loro ciotola se avevano lasciato indietro qualcosa per poterlo mangiare noi.
Mio nonno - Tittonel Piero - è stato messo in prigione per sei patate ... «Ma là avevano ragione i tedeschi» interviene Regina «perché i tedeschi le avevano appena seminate». 
Mio nonno che aveva fame è andato a levare una buca di patate ed è arrivato un tedesco con una verga e pin e pan gliene ha date di santa ragione. Dopo la guerra, i nipoti, ogni tanto gli dicevano per scherzo: «Nono atento ai Todeschi!»

Le tre famiglie Tittonel
1) Tittonel Giovanni e Augusta Simonetti: cinque figlie, tre figli maschi, più genitori, più nonni: 12 persone (ma il padre di lei era militare a Marostica e quindi erano in 11).
2) La famiglia di Francesco: padre, madre Agnolazza Caterina, morta a 30 anni di paralisi, cinque figli [...]
3) La terza famiglia era composta da Tittonel Andrea, la moglie Regina, e i figli Stefano, Cencio, Teresina e Catina.
In paese erano comunque molte le famiglie grandi, e quasi tutte sotto il conte Gera.
Sulla presa 16 (del Montello) c'era il rifugio del re. C'era una casa con le finestrelle da dove tiravano con la mitraglia verso il Piave. La casa c'è ancora. C'è anche la colonna romana ... si sale dalla 15 e poi si monta sulla sedici, c'è un capitelletto...
C'erano molti soldati dei nostri che erano a far la guerra "sulle loro case", dice Francesco.

Di fronte alla casa dove abitano ora i Tittonel, di là del Piave, c'è l'Isola dei Morti.

1994/21 - Lato A (Da inizio a 16:24 - solo parzialmente trascritto)

Aggiunte e correzioni (31 maggio 1994)

Il padrone della nostra terra era Francesco Gera, noi eravamo fittavoli.
Non ricordo il nome delle ragazze morte per troppo mangiare; una era Felicita.
Mia nonna Giovanna Tittonel (Giàna) è morta per aver mangiato troppi crauti.
Il marengo per il pane veniva dato ai tedeschi.
Ci siamo trasferiti di qua nel Piave, sul Montello dove siamo ora, nel 1922. È stato Luigi Tittonel, il nonno, a venire come fittavolo sotto Carlo Biadene. Sul posto c'erano tutti rovi, era un deserto. Noi eravamo lavoratori e abbiamo pulito tutto, mettendo poi tutte piantagioni di pomèri e tante viti.
La nostra casa si trova in frazione Santa Mama di Ciano del Montello.
Regina. Il marito lo conoscevo fin da piccola, abitavamo nella stessa casa, e ci siamo sposati nel 1940.
Anch'io ho lavorato sempre in campagna e quando siamo venuti qua nel Montello abbiamo tenuto molti cavalieri [bachi da seta], anche 4-5 once. Li abbiamo tenuti fino ai primi anni '60.

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