giovedì 13 maggio 2010

Teresa Cortesia, Vidor (TV)

Nata il 15 giugno 1903

Nastro 1994/30 - Lato B                   23 agosto 1994

Il parroco di Vidor, don Vittorino Costa, ha suonato la campana e tutti in paese si sono radunati. «Per conto mio la guerra la passa per di qua, ci conviene andare tutti di là del Piave», ha detto. E siamo partiti.
La mia famiglia era composta da otto figli, papà e mamma.
In Calcurta c'era invece una vecchia, le hanno messo una scodella d'acqua e l'hanno lasciata là.
Siamo arrivati a Caerano San Marco. Per la strada c'era l'acqua che correva, il Piave largo che nessuno poteva passare. Sul ponte [di Vidor] tutti che andavano verso giù.
A Caerano siamo rimasti per 40 giorni nella famiglia di Garbuio, dove mangiavamo polenta e cavallo. 
Alla notte andavano a rompere una gamba a un cavallo (c'erano gli inglesi) e poi tutti i cugini si davano da fare per nascondere il cavallo nella paglia e coprirlo. Nella notte successiva tutti andavano a prenderlo, "facevano parte" e lo portavano in granaio.
A Caerano eravamo in tanti, mezzo paese. Poi hanno cominciato a bombardare, è stata ferita qualche persona e ci hanno mandato via in provincia di Bari.
Durante il viaggio non si aveva niente da mangiare e ad ogni fermata si andava a vedere se si trovava pane, ma nessuno ce ne dava.
Di noi figli, la più vecchia, Maria, era a Milano cameriera; il secondo, Costante, a Rimini militare; il terzo, Giovanni, era a lavorare sugli Altipiani.
Mia mamma non trovava pane per i piccoli, e dei grandi non sapeva dove fossero. Arrivati a Rimini, il treno si ferma vicino al mare. C'era tutta la gente che domanda "di che paese siete", e noi rispondevamo Vidor, ma nessuno sapeva rispondere a mia mamma dove si trovasse suo figlio militare. Allora lei è scesa giù ed è andata dentro a un ufficio. Le hanno detto che suo figlio non poteva muoversi, perché era di guardia; così non l'abbiamo visto.

Finalmente siamo arrivati a Bari, a Ruvo di Puglia. 
C'era la tessera del pane e noi che eravamo più grandicelle si "andava bottega" a prendere un po' di zucchero. Per il latte, giravano per il paese con una vacca che aveva una campana. Portavano le misure con sé [per la vendita diretta]. Ma a Ruvo ne usavano poco di latte, mentre noi facevamo risi con il latte, polenta e latte, ecc. Per la polenta si andava per le botteghe a domandare se avevano granoturco.
Io sono stata mandata a servire, in un altro paese. Mia mamma mi ha accompagnato. Si trattava di assistere un uomo che aveva un tumore e mi hanno detto «bisogna che tu impari a far le punture». Là c'era una bambina che aveva sette-otto mesi che tenevano sempre dentro. Io volevo andare con la bambina alla stazione, che era vicina, in modo di poter incontrare qualche persona da Vidor, ma non mi hanno mai lasciato muovermi. Questo paese era Terlizzi e vi si andava col tram. Io dicevo a questa signora, che era giovane e aveva sposato un vedovo senza figli... 
Un giorno la signora mi ha detto: «Andiamo a trovare i tal parenti», e io le dicevo: «Perché non manda me a portare ai parenti... ». Suo marito aveva un negozio di macchine da ricamare e dentro c'era una signorina anziana e cinque-sei ragazzine.
[...] A Ruvo eravamo alloggiati nella casa del vescovo in un appartamento sotto, che era riservato ai profughi: ogni stanza una famiglia. Noi che eravamo più numerosi di tutti ci hanno messo vicino al gabinetto.
Le ragazze andavano a servire, e a una di Cornuda alla sera le hanno messo una branda sopra il gabinetto e le hanno detto: «Tu dormirai qui».  Ma lei si è ribellata e ha detto: «Eh no, io torno a casa mia» e ... fuori per la porta, è andata via.
Poi sono arrivate mia sorella da Milano e un'altra signorina che è la mamma di Persico, anche lei da Milano. Si era tutti assieme. Loro due sono state mandate a servire a Bari e si chiedevano "cosa facciamo?"...
Poi sono venuti in licenza i soldati. Erano sette otto alpini. Questi ragazzi hanno detto: «Questa sera venite fuori tutti con noi». Là c'erano tante osterie e loro hanno preso, e con cinque sei ragazze sono andati in osteria, hanno ordinato del vino e si sono messi a cantare. 
Tutto il paese andava ad ascoltarli, ma non le ragazze. Le ragazze non si muovevano; solo le profughe si muovevano.
Noi andavamo in bottega e ci chiedevano: «Perché ci vai da sola» ... «E con chi dovrei andare», si rispondeva.
La gente del posto ... il Commissario prefettizio che comandava a tutti (la città aveva 35.000 abitanti) non li lasciava entrare da noi. Veniva ogni giorno a trovarci e anche il dottore ci veniva a visitare ogni giorno. A un certo punto ci ha detto guardate che nella zona manca un bambino, e tutti si chiedevano chi potesse essere... 
Mio fratello più piccolo aveva due anni e portava ancora i vestitini da bambina. Era su un lettino e tutti gli abitanti del posto gli buttavano dentro dei soldi ... perché noi non avevamo più niente, niente di niente. Il commissario non voleva che ci venissero a vedere, perché pareva quasi che fossimo delle bestie rare.
La gente del posto non ci voleva male. Ci portava fighetti secchi, arance, mandorle.
A Ruvo di Puglia ho trovato una famiglia di cognome Cantatore, che aveva sette figli, e tre figlie che erano tutte più vecchie di me.

Nastro 1994/31 - Lato A

Però mi è capitato anche di andare a servizio da una signora che mi trattava malissimo, mi dava un'arancia in insalata per cena.
Nostra madre era molto in gamba e si faceva valere dappertutto.
La famiglia Cantatore era composta da dieci figli: tre erano soldati, due-tre erano piccoli e tre erano ragazze. Una di queste doveva andare a trovare una zia e mi ha chiesto di accompagnarla e io le ho detto: «Puoi andare da sola!». «No - mi ha risposto lei - qui non si va da sole». 
Anche a messa. le tre ragazze andavano tutte e tre assieme e la loro mamma andava ad accompagnarle in altre occasioni. Invece noi profughe andavamo via tranquillamente da sole per il paese. Io tante volte mi trovavo con qualche giovanotto che mi seguiva e quando arrivavo quasi fuori della porta di casa gli chiedevo: «Dimmi, dove vai?».
A Ruvo comunque mi trovavo bene, e quando ero a servire a Terlizzi, un paese vicino che si raggiungeva col tram ... allora scrivevo a Ruvo qualche cartolina postale. Mia mamma veniva a trovarmi qualche volta, e una volta mi ha detto che una signorina che era innamorata di due tre soldati dei nostri avrebbe fatto pazzie per loro.
Ma a Ruvo noi non avevamo niente. Solo il letto, e i soldi, chi li aveva, li nascondeva sotto il materasso.
Una volta questa ragazza di Ruvo ha preso cento lire dell'epoca ed è andata a comprare la lana per fare tre maglie a questi ragazzi di cui era innamorata ... erano ragazzi di Vidor [...] .
Per andare a suonare la campana non è come qua, che ci sono le corde. C'era una scala esterna che portava sul campanile [della cattedrale] e si suonava direttamente col battocchio. Si chiamava Vittoria Sorice, questa ragazza innamorata, ed era lei che andava a suonare.
Una profuga di Vidor anziana e brava ha detto: faccio io da mangiare. Ha fatto da mangiare come gli abitanti del posto e siamo stati male, tutti ... mangiavano ceci, pasta mescolata. Ricordo che siamo stati otto giorni che nessuno poteva entrare dentro da noi. Ogni mattina avevamo il dottore che ci veniva a visitare.
Poi sono andata a servire una gran signora che si chiamava Caputi, e questa signora ogni anno faceva un regalo. Ci ha chiesto quanti eravamo, che per Natale ci avrebbe fatto un regalo. Ha comprato calze, scarpe, tanta roba... Era una signora volubile, non cattiva. Mi aveva preso con sè perché dovevo leggerle a letto. Aveva un gran giardino con le muraglie tutt'attorno e in mezzo una vasca. 
Là c'erano anatre, galline, colombi e la porta era coperta con il ferro e anche quella di casa. In casa c'era un portone per il quale entravano con la carrozza, e appena dentro c'era un frantoio.

A Caerano [San Marco, TV] abbiamo dormito su una teza di fieno. Sotto c'era la stalla piena di bestie e appena fuori c'era una specie di tettoia, sotto la quale c'erano bombe fino al soffitto.
Qualche anno fa sono ritornata a vedere quella casa, che c'è ancora... e quando ho visto questo borgo, questa fila di case Garbuio, tutti parenti ... c'è anche il Cristo affrescato in una di esse ... quando ho visto questo posto mi sono messa a piangere.
Il prete di Vidor non era però a Garbuio, ma era là nei dintorni. 
A Ruvo non è venuto il prete. Il viaggio per Ruvo ha durato otto giorni; mia madre cercava pane ma non ne trovava. Trovava peri, pomi, ma non pane.
A Ruvo non c'era polenta.
Mia madre Miotto Antonia di Vidor era terribile e riusciva sempre a cavarsela, magari imbrogliando pur di avere una coperta. È riuscita ad andare tre volte in un ufficio pur di farsi dare tre volte la coperta ... e sette figli se li è tirati fuori tutti.

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