giovedì 13 maggio 2010

Emilio Dal Mas, Comugne di Pramaggiore (VE)

Nato il 5 dicembre 1912

[Intervista registrata presso il bar centrale della località Pradipozzo di Portogruaro]

Nastro 1998/13 - Lato A                 21 maggio 1998

Ricordo come gli austriaci facevano la punizione [Binder] ai loro soldati. Binder vorrebbe dire appendere. Legavano un soldato per i piedi e lo tiravano su e quando a loro sembrava il momento opportuno mollavano la corda e lui cadeva a terra che pareva quasi morto. Ma gli buttavano addosso un secchio di acqua sul viso e allora un po' alla volta, gorgogliando [fa il verso], il soldato rinveniva. Veniva appeso con la testa in giù e quando diventava ben nero, brutto... Ne hanno fatte chissà quante di queste punizioni! 
Io sentivo che parlavano tutti una lingua sola, il tedesco, anche se erano delle varie nazionalità.
Nostro padre andava con le vacche e un carro a portare le ramaglie fino a San Stino, e da S. Stino altri andavano fino al Piave. Era quando gli austro-ungarici si preparavano per fare l'offensiva, che poi l'hanno fatta [battaglia del Solstizio]. I nostri lavoravano "comandati", per i tedeschi.
Poi ricordo che avevamo anche i profughi provenienti da vicino, dal Piave. Venivano nelle nostre case e non c'era neanche posto per loro, perché noi eravamo cinque fratelli (di cui tre sorelle) più due genitori. Avevamo una stanza da cinque per quattro, e là si metteva il vino, la biava, non ricordo se ci fossero anche le galline. C'era un'altra stanza con la nonna e sua figlia ... e tutta la notte la vecchia gridava perché i militari volevano prendersi la figlia di 19 anni. Si chiamava Emilia ed era mia zia che poi è emigrata in Argentina, dove è morta. Ma non le hanno mai fatto niente perché avevano una disciplina enorme.
Alla mattina andavano a fare le istruzioni e avevano delle bombe a mano che non erano come le nostre piccole e tonde: avevano un manico di legno e andavano sulla "Bandida di Zacchi". Erano un 2-300 ettari di prato incolto, con cespugli, spine e varie irregolarità del terreno, buche ... in territorio di Cinto Caomaggiore. I manici delle bombe a mano, lunghi circa 25 cm, se li facevano loro, i soldati. Tagliavano i legni che allora ce n'era una quantità e poi con un coltellaccio ognuno si faceva la sua scorta. Il legno era generalmente di olmo, non so perché ma prendevano sempre l'olmo.
I profughi che c'erano in paese provenivano dai paesi del Piave, non ricordo quali; mi ricordo invece i loro cognomi, perché c'erano i Casonato, i Polon. Provenivano da Noventa di Piave. Mi ricordo che non andavano d'accordo fra di loro, si bastonavano, perché andavano a prendere questa carne, questa cosa che gli davano al comando, e se andavano i Polon si tenevano il pezzo più grosso o almeno così li accusavano di fare i Casonato. Io non so di preciso, so che per questo motivo se le davano di santa ragione. 
Erano quelle due famiglie che abitavano da noi, e noi avevamo fatto posto poiché avevamo due stanze. Il comando tedesco ci ha detto che ce ne bastava una e nell'altra stanza abbiamo messo i profughi. O meglio, la nostra casa aveva sei stanze e tre appartenevano a mia nonna e tre a noi. Con l'arrivo dei profughi noi siamo rimasti con una stanza da 5 x 4. La nonna ha avuto un'altra stanza. Ai profughi è stata data una stanza per famiglia e nelle altre due stanze c'erano i soldati.
I profughi erano "in stretto" e facevano baruffa per il mangiare. Eh ciò, era fame, quella volta! [...]
Mio padre l'avevano portato a Lubiana, assieme a tutti gli uomini validi del paese, anche se lui sarebbe stato invalido, a causa dell'otite. Ma i topi gli avevano rosicchiato il documento che testimoniava la sua invalidità e che lui teneva in camera. Mio padre si chiamava Giorgio, classe 1883. Sarebbe stato da "schioppo", ma siccome aveva avuto l'otite era riuscito a stare a casa. A Lubiana, lui e tutti gli uomini anche qua di Pradipozzo, Pramaggiore, che avevano sui 50 anni, sono stati portati via, fatti camminare fino a Lubiana, senza mangiare. Era un pezzo d'uomo come me e quando è ritornato a casa pesava 28 chili. Solo camminare e niente mangiare.
D. Ma cosa faceva a Lubiana?
R. Niente! Niente!
D. E perché l'hanno portato a Lubiana?
R. Eh sarebbe un discorso quello là... Erano ordini così, di andar via. Poi sono ritornati a casa. Qualcuno è morto, lui invece era un uomo forte.
Mia mamma aveva salvato un sacchetto di biava, l'aveva nascosto sotto il tetto dello stalót della maiala. Faceva bollire questa biava, questo granoturco, e contava i granelli da dare a ciascuno di noi. A mio fratello che era più vecchio dava qualche granello di più, e noi a dirle, piangendo «perché lui è più vecchio gliene dai di più!» Erano granelli di granoturco lessati, senza nient'altro. Boia cane, se andava avanti ancora un altro po'!
Loro [i tedeschi] erano morti di fame! 
Sa i tedeschi, la guerra l'hanno persa per quello, mica per i cannoni degli italiani, l'hanno persa perché erano morti di fame!
Non sente anche la canzone, cosa dice: 
«Ritornò il nemico, per la gloria e per la fame, vogliam fermare tutte le sue brame»

È la La leggenda del Piave. Originale: 
«E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame /
volea sfogare tutte le sue brame» ...

Glielo dico io che loro non avevano niente, niente, niente, e niente!
Perfino [successe che] uno, le dico, andava a prendere su fagioli nel campo di Tita Sottil. Questo austriaco andava a prendere i fagioli seminati in mezzo al campo di mais, che poi li avrebbe lessati e Tita con la zappa gli ha dato un colpo forte in testa e l'ha ammazzato. E l'ha seppellito sotto le foglie, là. Nessuno se n'è accorto, tutti hanno taciuto... Ai tedeschi mancava quest'uomo, ma non hanno sospettato della gente del posto di Tita Sottil, Tita Màt lo si chiamava dopo, perché non sono cose da fare. Eh, quella sì me la ricordo proprio!
Comungne non era un paese, allora, e neppure adesso. Il paese era Pramaggiore,  il prete era a Pramaggiore dove hanno portato via anche le campane. [I tedeschi] hanno buttato giù le campane, ma il prete è rimasto in parrocchia.

Nastro 1998/13 - Lato B

Degli italiani che si ritiravano mi ricordo che erano con questi carri (barocci li chiamiamo) a due ruote, con un mulo che tirava e portavano avanti quello che portavano.
Ma nelle campagne del Veneto, qua, c'erano 14.000 disertori. Gli italiani erano quasi tutti disertori quella volta. Rimasti di qua, e dopo andavano per le case; dopo Caporetto s'intende. Quella volta, invece di seguire e andare al Piave a far la difesa si sono buttati di qua e di là e dopo erano per le famiglie. Il prete ha pensato di sistemarne una buona parte, e dopo la guerra c'è stata l'amnistia.

Interviene un avventore più giovane che dice che i fascisti poi diedero la caccia a questi disertori e anche Tita Sottil era fascista... 


Ma, ribadisce Dal Mas, questo è avvenuto dopo la guerra. I fascisti hanno iniziato nel '19-20. Quei lazzaroni erano disposti a tutto, perché, con cosa hanno formato il partito fascista? Con i peggiori arditi che c'erano. Fioi, tuti fioi. (Ragazzi, tutti ragazzi).
Di questi disertori, il prete di Pramaggiore ne metteva uno in ogni famiglia. C'era uno di Taranto da Pastorel, che ha sposato la Maria, mentre quello che era da Stefani proveniva da Ancona, e poi ha sposato... Quelli sì me li ricordo, i nomi me li ricordo di questi soldati, ma non i cognomi. Giovannin si chiamava quello che era da Stefani e Cataldo era quello da Pastorel, perché lo hanno tenuto loro anche dopo finita la guerra, perché ha sposato una loro figlia.
I tedeschi non si sono accorti di questi disertori, perché rimanevano nascosti.
I tedeschi non andavano mica a far perquisizioni per cercarli, perché neanche non gli interessava, perché non c'erano tutti questi partigiani come è stato questa volta qua [nella Seconda guerra mondiale]; loro stavano nascosti.

Interviene un altro avventore del bar. E quella volta che i tedeschi hanno fucilato vicino al cimitero i quattro loro soldati? Durante la ritirata dei nostri soldati nel '17, li hanno fucilati poco lontano [da Pradipozzo]. Erano andati, praticamente, nella famiglia dei Martini... Me le raccontava mia nonna, a me queste cose. Sono andati là, erano ubriachi, hanno bevuto vino e dopo hanno appeso la vecchia con le gambe sulla catena del camino. Allora il comando tedesco li ha fucilati, in località Campo Manin. Appena lei va sulla strada grande ... non quella casa nuova, quella più avanti, più vecchia; là, proprio là. C'era questo pezzettino di terra e lo chiamavano il Campo Manin: erano i conti Manin che comandavano. Là hanno fucilato questi quattro soldati austriaci, che erano di stanza a Pradipozzo e per un po' sono rimasti dei blocchi di cemento. Mi ricordo quando andavo in cimitero,  dei "blocchi" a ricordo di questi quattro soldati tedeschi fucilati dai tedeschi stessi, nel cimitero di Pradipozzo. Non so se ci siano ancora, dovrebbero esserci ancora perché erano robe di guerra... Il prete, qualche anno fa, ha rinnovato il cimitero e non so se li ha levati. Io non ho più guardato. Ma prima c'erano questi quattro blocchi, entrando, sulla destra, in fondo al cimitero di Pradipozzo, c'erano queste quattro pietre. E mio cognato mi raccontava sempre, lui più o meno era del '6, se ne ricordava bene, li aveva visti fucilare. Poi lui era ragazzo e mi mostrava sempre il coltello che (assieme ad altri ragazzi del posto) aveva preso dallo zaino di questi soldati; e lo portava sempre con sè, questo coltello.
La località Campo Manin si trova partendo da Pradipozzo in direzione di Blessaglia, sulla strada principale.
Ma ci sono tanti episodi che mia povera nonna mi raccontava. Quando le hanno portato via la [polenta] ... che stavano facendo la polenta e sono entrati dentro gli ungheresi, perché la più parte quelli che erano cattivi erano gli ungheresi.

Riprende a parlare Dal Mas. Io so dei Minuzz di Blessaglia. Quella volta sulla ritirata si sono presentati a Blessaglia vestiti da capitano, e gli italiani li hanno ammazzati.
I Minuzz avevano la trattoria, il bar a Blessaglia. Erano militari sul Carso, e quando c'è stato la rotta di Caporetto, erano due fratelli, non so dove siano andati a prendere queste divise. 
Si presentano a casa vestiti da ufficiali, da capitano, da tenente, non so: sono stati arrestati dagli italiani e subito fucilati. Dagli italiani. Loro camminavano dove volevano, perché erano vestiti da ufficiali, e allora come adesso per gli ufficiali c'era rispetto, nessuno li fermava chiedendogli «tu dove vai, tu dove vai». Andavano dove volevano e li hanno presi a casa. Ci sono state delle spie ... quella volta era come adesso, anche adesso qualcuno avrebbe fatto così.
Mi ricordo quando sono andati via. Mio padre aveva un poche di viti, cento duecento viti di uva fragola che veniva anche senza solfato. Aveva fatto un 4-5 ettolitri di vino che aveva messo sempre nella stanza in cui si dormiva e dove c'era di tutto, formaggio ... e topi in quantità (avevano mangiato la carta di mio padre), e pulci ce n'erano a chili. Quella notte che sono andati via, c'era la cavalleria là da noi. Hanno sellato i cavalli, si sono preparati e dopo hanno riempito le borracce di vino. Ma non l'hanno mica preso tutto, perché se erano cinque ettolitri ce ne volevano di borracce! Una borraccia teneva non so, sui due litri, così... e sono andati via e hanno lasciato aperto il candolín, il tappo sotto. Era quando sono andati al Piave... [non è chiaro se si riferisca a italiani o a tedeschi].

Altro avventore. Quella volta, sempre nella ritirata, i tedeschi avevano la cassaforte del comando qua da Stival, da Bettiol. Quando sono andati al Piave, non sono più tornati indietro e questo Stival con la cassaforte si è fatto milionario. Perché prima era uno che andava a vendere meloni con il musso, qua a Belfiore.
Dal Mas. Non è così. La cassaforte sì che c'era, ma sul treno che loro hanno assaltato, carico di sigarette ... che hanno messo il tronco sulla ferrovia. Era Stival, quello che ha fatto quei lavori là.
Avventore. No, quello era Donadon, suo padre del prete Donadon, che era lui dei ferrovieri, quello che ha fatto quella cosa là. Dopo è stato condannato, questo Donadon, ma quello è un altro episodio. Quello che dico io invece è quando le truppe sono andate al Piave, e hanno lasciato qua la cassaforte e poi non sono più tornate indietro. Quella volta là, Stival si è tenuto la cassaforte. Questa è una voce, ma la sanno tutti, qua.
Dal Mas. Ma cosa vuole che avessero i tedeschi nella cassaforte; avevano solo la cragna [lo sporco, la miseria]. Non avevano niente!
Dal Mas all'avventore. Conosceva Momi Sec, che era anche postino? Anche lui diceva che quando si era affondata la nave era riuscito a mettere le mani sui soldi della cassaforte. Ma dopo si è venuto a sapere. Una volta mettevano i soldi nel paion [pagliericcio di granoturco], e si è saputo che da là lui prendeva i soldi, non da altre parti, erano soldi di famiglia... 
Avventore. Don Puppin, prete vecchio di Pradipozzo [o Pramaggiore] si diceva che era collaboratore dei tedeschi, e alla fine della guerra sono venuti gli arditi e la nonna mi diceva che chiedevano a tutti cosa e come. Gli arditi avrebbero fucilato subito il prete, ma hanno trovato che era in chiesa con moltissime casse da morto, perché era scoppiata la spagnola. Si è salvato per quello, altrimenti lo avrebbero fucilato immediatamente.
Dal Mas. Proprio durante la disfatta austriaca ... a Pramaggiore, Lubiato Riccardo, padre di G., che faceva anche il postino, tre austriaci ha ammazzato lui, là a Pramaggiore. Erano disarmati, e loro speravano di andare a casa, come è capitato a me e a tanti altri [dopo l'8 Settembre]. La gente ha cominciato a dire che mi hanno portato via quello, mi hanno fatto quell'altro, e hanno fatto sì ... per quello l'hanno fatto. Ma occorreva ammazzarli? ...
Avventore. Li ha ammazzati davanti alla chiesa di Pramaggiore. La povera mamma me lo raccontava sempre. Li ha ammazzati con il fucile ... ma non li ha ammazzati lui direttamente. Lui ha fatto la spia, ha detto agli italiani che venivano avanti: «Guarda che là dietro ci sono dei tedeschi» e li hanno ammazzati dietro alla chiesa dove c'è la cantina di [?].
Dal Mas. Io invece ho sempre saputo che non "li ha fatti ammazzare", ma che "lui li ha ammazzati".
Avventore. A me, mia mamma e mio nonno mi hanno sempre detto che lui ha detto agli italiani: «Guarda che là dietro alla chiesa ci sono due tedeschi!»

Il gestore del bar. Ha detto mia nonna che stava facendo la polenta, nella sua casetta. Mia nonna era "peverina", era grande così ma era terribile. Lei era là sul foghèr, entra il tedesco, le prende la calièra e ... parti. Mia nonna, Rosa Gorgato, classe 1850, si è messa a corrergli dietro con la forca, ma non è riuscita a prenderlo. È morta a 95 anni nel 1945.
Dal Mas. Sul cimitero di Pramaggiore c'erano 8-10 tombe di soldati, tedeschi, sì. Perché c'era il campo di aviazione. 
Una volta ho visto una battaglia fra due aerei italiani e uno tedesco. Il tedesco è stato abbattuto ed è caduto là, sulla riva di un fosso e si è bruciato tutto. Quella volta non avevano il paracadute e uno si è buttato fuori ed è rimasto sulla strada, morto; un altro è rimasto bruciato dentro. Sarà stato a un cinquecento metri da casa nostra. Io sono andato a vedere, siamo andati tutti a vedere. Il relitto si è bruciato tutto. Poi i tedeschi hanno preso il morto che era sulla strada e l'hanno portato in cimitero e di quello bruciato non so cosa ne abbiano fatto.
I preti sono stati poi accusati di essere collaboratori dei tedeschi e forse non lo erano. Perché ad esempio quello di Summaga, don Pietro Mazzon... 
Gli austriaci hanno detto che tutti quanti gli sbandati che erano sotto una determinata età dovevano presentarsi in un dato posto. Porca puttana, fra questi c'era anche uno zio di mio papà che si chiamava Birulin, il quale poi ... avrebbe ammazzato il prete, perché diceva che era stata colpa sua ... e non l'ha più guardato. Era successo come con mio papà, solo che mio papà era [stato internato] a Lubiana, e gli altri li hanno portati da un'altra parte, là sull'interno. A non far niente.
Come adesso in questa guerra qua [seconda guerra mondiale]. Io ho lavorato in cantiere a Monfalcone per 30 anni e se si presentava uno, zac lo buttavano subito dentro a lavorare, i tedeschi. C'erano 14.000 operai. Li mettevano anche perché in questa maniera li controllavano. Vanno a lavorare e così non sono in giro con la pistola...
Al tempo della Prima guerra invece ero contadino. Mio padre aveva poca roba, un tre ettari di terra, si vivacchiava. Mentre adesso vicino a noi c'è uno che ha venti campi [campi veneziani, tre campi = un ettaro]. È lui da da solo, perché non si è neanche sposato, ha una trentina di vacche, vende il latte, ha la pensione ... ed è pieno di debiti! Una volta in un ettaro viveva una famiglia. So che ha debiti perché conosco chi avanza soldi da lui.

Ultimi giorni di guerra
Anche i tedeschi hanno buttato via il fucile, per le strade, di qua e di là. Dopo, mentre passavano ritirandosi, sono anche venuti a salutarci, due tre di quelli che erano stati un anno a casa nostra, quelli che si allenavano con le bombe; in particolare uno che non era neanche austriaco, mi sembra che fosse stato croato e che si era affezionato a me. C'erano anche due o tre ufficiali.
Poi sono arrivati gli italiani, che li hanno fermati e per prima cosa gli hanno preso l'orologio e dopo hanno guardato se avevano soldi e dopo li hanno portati via e non so cosa gli abbiano fatto.
Era il bottino! Così hanno fatto anche loro [i tedeschi] quando gli italiani dopo l'8 Settembre hanno capitolato. Noi abbiamo tenuto duro per 17 giorni, mi ricordo. Io ero sull'isola d'Elba; dopo loro avevano gli apparecchi e i nostri si sono arresi.
Anch'io sono stato in Germania, 22 mesi a Monaco di Baviera sotto i bombardamenti. C'erano gli apparecchi americani di giorno, e quelli inglesi di notte. Monaco era una città che adesso e tornata forse anche meglio di prima, industriale. Hanno spaccato tutto. I tedeschi avevano provato a portare le industrie ... le officine a portarle nei boschi perché avevano tanta boscaglia. Ma non combinavano niente. Dovevano perderla quella guerra, dovevano cessarla prima, e senza far tutti quei morti ancora.

Io ero prigioniero a Monaco. Ho sposato una di Sesto al Reghena e ho lavorato a Monfalcone dopo e prima della guerra, per 37 anni.
Più 7 di militare.

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