martedì 13 aprile 2010

Intervista a Olivo Rizzetto

Nato l'11 ottobre 1909 a Moriago (TV). Residente a Moriago.
Marito di Rosa Baron , presente all'intervista.



Nastro 1994/29 - Lato B      [Sulla cassetta originale da  41:02 a 47:29 - fine nastro]             15 settembre 1994
00:39 Noi siamo partiti da qua e siamo andati un po' prima di Udine a Lauzzana, vicino a Colloredo di Monte Albano. Là era tanta la fame che ... i friulani piantavano le patate e io di notte mi alzavo e andavo a levarle e le mangiavo così, crude, sul campo. La fame è fame. Poi si andava a castagne, poi avevano dei ravi con cui facevano la brovada e si andava rubarglieli. Eravamo tre fratelli: io, Gildo del 1913, Cencio del 1915. Mio padre era in guerra e siccome aveva la famiglia invasa fu mandato lontano, a Cerignola, non al fronte.
03:44 Quando siamo andati profughi siamo partiti con un carretto tirato da un bue, uno solo, e assieme a noi c'era mia mamma e mia zia Antonia Morgàn, nella cui famiglia erano morte cinque persone qua a Moriago.
Noi prima di partire siamo rimasti a Moriago per 40 giorni, sotto i bombardamenti [degli italiani]. C'era una casa fuori del paese, verso il Piave per circa un km, un km e mezzo, dove abitavano appunto i Morgàn. 
04:36 Là una sera sono arrivati i germanici, cul de curam [culo di cuoio] noi li chiamavamo. Sono arrivati là, hanno trovato vino, hanno bevuto, si sono messi a suonare la fisarmonica. Dall'altra parte si vede che gli italiani si sono accorti e il giorno dopo hanno sparato un primo colpo che è andato un due-trecento metri oltre la stalla (e i Morgàn erano tutti sotto la stalla). Un altro colpo ancora sbagliato e il terzo colpo la casa fu proprio centrata e sono morti in sei, più altrettanti feriti. In particolare è morta una donna che teneva in braccio il figlioletto piccolo, che si chiama Cirillo Morgàn, che è ancora vivo, e che è rimasto ferito alle gambe...

Nastro 1994/34 - Lato A
06:27 Mi diceva di questa famiglia Morgan... 
Abitava in località Rive. 
Noi (come tutto il paese) dopo Caporetto siamo rimasti a Moriago per 40 giorni, finché una notte ... gli italiani di là sapevano che noi eravamo rimasti di qua, pertanto la maggior parte dei colpi li sparavano verso «i prà», verso fuori del paese cioè ... infatti quando noi siamo partiti e siamo andati via dopo 40 giorni, il giorno successivo un paesano è venuto a vedere e ha trovato Moriago raso al suolo.
Quando noi siamo partiti tutti, profughi, gli italiani di là, con i riflettori ci illuminavano. Siamo partiti tutti insieme, famiglia per famiglia, tutti per conto proprio [senza cioè una guida davanti, il parroco...]
07:53 Siamo partiti in quell'occasione perché sono stati i tedeschi a mandarci via; si vede che prima ci tenevano qua come ostaggio e poi si vede che hanno cominciato a veder colpita qualche casa [come quella della moglie] e allora ci hanno fatto partire. Siamo partiti con mezzi propri, un carretto, un carro, un bue, un asino; me li ricordo i riflettori italiani che ci illuminavano, tanto che in quell'occasione non hanno sparato neanche un colpo. Quando invece ci siamo allontanati ed eravamo fuori tiro, hanno cominciato a tirare in paese e hanno rotto tutto. Ce l'ha confermato il paesano De Biasi Domenico (Meno Caporin), era un uomo anziano che poi è andato profugo anche lui.
Del parroco non ricordo che sia venuto via con noi, come invece è successo qua a Mosnigo, che il parroco è andato via insieme. Noi invece siamo andati via tutti per conto nostro, senza nessuna autorità. Ricordo che noi (i Rizzetto detti Presét) eravamo una famiglia grande e ci siamo riuniti in due tre famiglie assieme. Siamo stati profughi un anno finché sono venuti gli italiani e poi siamo ritornati. In paese c'era qualche casa in piedi qua davanti a noi [cfr. la moglie Baron Rosa], altrimenti tutto a terra. Dove abitavo io laggiù, in via San Gaetano (vicino alla chiesetta) era tutto raso al suolo.
11:05 Eravamo mezzadri di Isabella Bellotta. Era una grossa proprietaria, era vedova e sola, eppure era particolarmente attaccata alla terra. Era una carogna. Pur essendo ricca mangiava poenta e rénga (aringa). Ma poi i soldi che ha lasciato ha trovato chi glieli ha mangiati tutti: un nipote, certo Savoino Savoini ... il quale per prima cosa si è comprato una bella Lancia di quelle grosse, dopo andò a far le corse sulle Mille Miglia, e una volta la sua macchina ha preso anche fuoco. Anzi ne ha bruciato tre o quattro di macchine, finché si è mangiato fuori tutto. E quando i paesani lo sentivano partire (abitava in piazza a Moriago, là dalla chiesa) brrroum...  dicevano «Ecco Savoino... via un concol... brrroum, via n'altro concòl...» finché si è mangiato fuori tutto... [il "concol" è una "gombìna", - porca - in cui si semina il frumento]. Ora è morto.
Dopo essersi mangiato tutto è andato a Sondrio, impiegato sotto un'impresa e ha sposato una maestra; poi è morto giovane, a 61 anni. Io gli ho anche scritto, siccome lui era sotto un'impresa e io non avevo ancora il lavoro sotto l'Enel, gli ho scritto perché mi trovasse lavoro, ma non me lo ha trovato. Savoino non ha avuto figli.
13:17 Ma sono stati anche i frati [interviene la moglie] che hanno mangiato tutto il patrimonio. Perché Isabella era tanto religiosa, e dava tanto denaro a loro ... e quando è morta i frati se la sono portata via con il carro funebre per seppellirla al cimitero dell'abbazia di Follina e per poco la perdevano per strada. Hanno portato via la morta con un furgone, e tutti i mezzadri dietro in bicicletta.
Poi si aveva un fattore, un certo Renzo... e anche quello ha contribuito a mangiare il patrimonio, perché c'è il proverbio «fammi fare il fattore un anno e se non mi farò ricco sarà mio danno».
Isabella è morta a Moriago, le hanno fatto il funerale in chiesa e poi l'hanno caricata su un furgone e portata a seppellire a Follina. Tutti i mezzadri dietro in bicicletta e la cassa a un certo punto è andata di traverso al carro funebre e per poco cadeva...
15:15 Noi come prima tappa dopo essere partiti da Moriago ci siamo fermati a Conegliano; da Conegliano siamo partiti e abbiamo fatto tappa a Spilimbergo, sempre con mezzi propri. Da Spilimbergo ci siamo recati a Colloredo di Monte Albano e là siamo rimasti per un certo periodo finché ci hanno mandati a Lauzzana, vicino Fagagna. Là siamo rimasti finché è finita la guerra e mio padre è venuto a casa. Dopo ci hanno caricato (mi ricordo che c'era uno che aveva due cavalli), ci hanno caricato tutta la roba che si aveva, caricata sul treno e siamo tornati a casa.
16:15 All'inizio noi non siamo andati di là del Piave perché ci dicevano: «Non muovetevi perché la guerra andrà sul Po, i tedeschi saranno fermati al Po». Invece loro sono arrivati qua e siccome era stato un anno di abbondanza, qua si sono ubriacati, i germanici soprattutto. Hanno bevuto, hanno sparato sulle botti del vino e qua si sono fermati e intanto gli italiani si sono organizzati di là del Piave.
Ricordo che i germanici erano vestiti con tanto cuoio, i bavaresi... Hanno ammazzato maiali e bestie, ma non mi risulta che abbiano violentato le donne. Mangiato e bevuto sì...
17:47 Quando io vedo alla televisione quelle scene di guerra [interviene la moglie, riferendosi alla guerra in ex Jugoslavia] mi viene in mente quello che ci è successo a noi. 
Perché lei è stata colpita in prima persona, ricorda il marito ... e quando è arrivata la granata istintivamente si è messa le mani sulla testa per proteggersi, per quello è stata colpita al gomito.
Poi io [continua la moglie] sono rimasta sempre in tensione, agitata: appena sentivo un rumore, appena vedevo un lampo, i dottori si chiedevano: «Ma cosa ha quella là?»
Avevo la paura nel sangue. [...]

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