giovedì 29 aprile 2010

Intervista a Maria Crast

Nata nel 1909 a Stupizza. 


Maria Crast risiede nell'ex stazione-casello della ferrovia Cividale-Caporetto. 
È presente all'intervista, e interviene, anche il marito Guglielmo Tramontin, nato nel 1915.


Nastro 1996/4 - Lato A                               15 aprile 1996


Ci hanno portato via con carri e cavalli fino a Udine e poi da Udine col treno.
Noi eravamo profughi ad Arienzo, provincia di Caserta.
D. Come lingua, come facevate in provincia di Caserta?
R. Come, ... ma parlano italiano, loro!
D. Ma voi non avete un dialetto slavo?
R. Un dialetto slavo, ma si studiava italiano; noi non eravamo slavi. Noi andavamo a scuola italiana.
Ci trovavamo abbastanza bene. [Ad Arienzo]. 
Ci dicevano «Maledetti austriaci, siete venuti a mangiare il nostro pane», ci dicevano. Eravamo bambini noi e me lo ricordo lo stesso. Credevano che fossimo austriaci.
Durante la ritirata di Caporetto io non ero qua...
Marito. Pochi giorni prima hanno fatto sgombrare tutti.
Maria Crast. Non ricordo chi sia stato, ma è venuta della gente a dirci: «Prendete un po' di roba, qualcosa. Non starete fuori tanto tempo», ci hanno detto. Allora noi abbiamo lasciato tutta la roba qua, abbiamo preso solo il necessario e siamo saliti sui carri coi quali ci hanno portato a Udine; e a Udine ci hanno messo in treno.
Assieme a me c'era mio nonno, mia nonna, mia mamma e mio fratello; mio papà era in America ed è tornato dall'America dopo la guerra, malato.
Marito. Dal paese di Stupizza sono partiti tutti; solamente un uomo è rimasto: Crancìn, detto Piero Zorza.
Maria Crast. Quello là è rimasto qua e lo hanno ucciso. Lo hanno ucciso perché non li lasciava andare a prendere il vino. Lui abitava proprio in piazza e aveva una botte piena di vino dentro in cantina e non voleva lasciar andare i soldati a prendersi il vino, perché gli piaceva a lui. Non era sposato. Suo fratello invece è venuto via con noi e poi è rimasto a Cremona.
All'epoca Stupizza avrà avuto circa un centinaio di abitanti; è sempre stato un piccolo paese. Il parroco non c'era, c'è a Brischis; noi dovevamo andare a messa a Brischis, a piedi.
Non so se a Brischis siano andati via, solo il paese di Stupizza è stato sgombrato, perché era il primo, sul confine.
Qua tutta la campagna era piena di baracche di militari italiani.
Marito. Erano tutti magazzini...
Maria Crast. Sulla prima casa del paese venendo dal confine ... [commenta una foto che le mostro e in cui si vede una casa fatta saltare dagli italiani in fuga] c'erano munizioni, perché quando noi si andava dentro si trovavano sempre cartucce [dopo la guerra]...
Gli abitanti di quella casa distrutta sono venuti con noi profughi.
Qua a Stupizza finché io sono rimasta in paese non sono mai arrivate bombe. Quando noi siamo partiti non si sparava, per niente. Era tutto calmo. [Non abbiamo visto] nessuno arrivare di lassù; noi eravamo i primi ad andar via di qua.
Per strada non abbiamo trovato nessuna confusione, niente non abbiamo trovato. Era tutto tranquillo, fino a Udine. La ritirata è avvenuta dopo che siamo andati via noi, perché noi ci siamo ritirati prima che venissero giù gli austriaci.
A noi ci hanno costretto ad andar via, anche se era tutto tranquillo. E si doveva andare via, non c'è stato niente da fare. Abbiamo preso solo il necessario. Soldi non ne avevamo, e chi aveva soldi all'epoca?. Noi non facevamo niente [non lavoravamo...], mio papà era in America, il nonno era vecchio e noi si lavorava i campi, solamente; non facevamo nessun lavoro per i militari...
Non c'era niente, era tutto calmo quando siamo andati via noi. Siamo partiti di mattina, ma non proprio presto presto, saranno state circa le dieci. Siamo partiti con carri trainati da cavalli. Saremo stati due carri, perché non c'era tanta gente in paese: i giovani erano in guerra, erano rimasti solo gli anziani. A Cividale non abbiamo trovato niente di particolare, era tutto calmo, fino a Udine.
A Udine ci hanno fatto scaricare la roba che avevamo potuto portar via e mi sembra che ce l'abbiano fatta mettere in una chiesa, non ricordo, o una roba del genere; e poi l'abbiamo dovuta lasciar là, non abbiamo potuto portarla con noi.
Anche a Udine era tutto tranquallo: non c'era niente lungo il viaggio. Nel treno ci siamo trovati solo noi del paese, perché da Loch in giù non hanno portato via nessuno. Eravamo solo noi.
Marito. Qua a Stupizza c'erano tutte trincee, per quello li hanno sloggiati.
Maria Crast. Il viaggio è stato tranquillo, perché non c'era niente. In treno, prima di arrivare laggiù, ci davano da mangiare. Io non ho avuto un brutto ricordo di questo viaggio. Era tutto tranquillo, non sparavano; adesso io non so, se dopo di noi...
Gli abitanti della casa distrutta della foto [poi pubblicata nel libro Caporetto, 1997, a p. 133], che erano profughi con noi, si chiamavano Batistig. Antonio era il capofamiglia, sua moglie si chiamava Carolina e i figli: Antonio e Antonietta, che adesso sono morti ... senza figli, non si sono sposati.
Sono venuti via con noi anche: la famiglia di Rossett, Crucil Giovanni e (Al)ioska [?]; poi c'era la Orsola Crucil, che aveva l'osteria.
Siamo tornati un anno dopo la fine della guerra. Il paese era bruciato; abbiamo dovuto ricostruire la casa da soli. Avevamo due case in paese, ed erano tutte e due bruciate.
Eravamo tutti contadini e non c'era mica il bosco come adesso. C'era tutto terreno fino sulla curva, dopo le caserme, quasi fino alla galleria dove passava il treno. Era tutto terreno coltivabile; si coltivava granoturco, patate, fagioli, di tutto: insomma si viveva con quello. C'erano anche delle viti con uva americana; tanta frutta: pere, mele, pesche, susine ... di tutto. [...]
Il confine dell'Italia era anche allora dove si trova adesso, a quattro chilometri dal paese.
La località del confine la chiamavamo "confine". Di là del confine c'era Poiana [?] dove c'era una stazione del treno quasi come la nostra.
Riguardo al contrabbando mi sembra che gli anziani ne facessero: tabacco e zucchero, ma io non so di preciso.
Al ritorno il paese era tutto bruciato. Noi abbiamo un terreno sopra Loch, vi avevamo un pezzo di bosco, di castagni ... e si andava là a tagliare i castagni per coprire la casa con le travi, far finestre. Dovevamo pensarci noi per il legname,  abbiamo dovuto fare da soli, non ci ha aiutato nessuno ... Genio, cooperative o altro.
La roba che avevamo lasciato dentro nella nostra casa quando abbiamo dovuto andar via l'avevano portata tutta su in montagna, a Mersino. Tutta la roba hanno preso quando noi siamo andati via, a Mersino... [Ma come fai a saperlo? chiede il marito].
Abbiamo trovato noi tanta roba, dopo! Biancheria, secchi, roba di casa.
Dopo, gente di Mersino, gente onesta, ce l'ha anche restituita (in parte). Gli abitanti di questi paesi, quando hanno visto le case vuote, si sono approfittati per prendere la roba che c'era dentro. Poi, come le dico, la gente onesta ci ha restituito la roba.
Marito. Anche Pùlfero era sfollata...
Maria Crast. La cuccetta [?] dove dormiamo ora, l'hanno trovata a Rodda, perché i montanari hanno portato via tutta la roba, prima che venisse giù la ritirata. L'hanno presa per non lasciarla bruciare. L'hanno presa e l'hanno portata su, e poi ci hanno anche restituito tanta roba; certo non tutta, qualcuno ha approfittato, anche se erano italiani e si può dire quasi paesani, di qua sopra. Perché i montanari erano tutti rimasti qua, hanno sfollato solo quelli della valle. 
Noi siamo andati via per primi, quando ancora era tutto tranquillo; siamo andati giù tranquilli, senza essere disturbati da nessuno.
Poi, quando noi eravamo già andati via, ci sono stati gli sfollati; ma dopo di noi, perché i primi eravamo noi.

Il marito mi mostra il monte Mia, dove c'erano delle trincee sui costoni, e il Matajur. 
Ma erano trincee fatte su alla buona, non fortificazioni solide. Quando io sono ritornato in paese avevo cinque anni e la mulerìa (i bambini) trovava le cartucce, e si trovano ancora adesso. Erano cartucce, le raccoglievano i bambini, non per venderle ... o meglio, qualcosa poi davano a quelli degli stracci che venivano per le case.

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