venerdì 23 aprile 2010

Intervista a Giulio Bianchin detto Toffolon

Nato nel dicembre del 1914 in località S. Mama (Ciano del Montello, TV).

Nastro 1994/14 - Lato A                                              13 maggio 1994
    
Abita in una casa con vista sul Piave, proprio ai bordi delle grave... 

La mia casa anche se era in prima linea durante la guerra non è stata del tutto distrutta, ma solo colpita e "bucata" dalle granate.
Subito dietro i muri della nostra casa era stata scavata la trincea italiana e al ritorno i miei hanno dovuto lavorare un bel po' per coprirla. C'era anche una galleria che passava sotto la nostra casa e si congiungeva con un'altra trincea che c'era davanti a casa.
Sul Piave c'era della terra buona, campagna, davanti a casa mia dentro alle grave...
Non ricordo il passo a barca di S. Mama mi ricordo invece di quello di S. Croce e di quando, da piccolo, lo usavo con mio papà per passare il Piave, evitando di andare o a Vidor o alla Priula. Da Santa Croce si arrivava a Faldè (Falzè).
Adesso il terreno sul Piave vicino a casa mia non c'è più, è stato portato via dal fiume nel '45 e anche, ultimamente, nel '66. Comunque a Siàn (Ciano) ci sono ancora campagne nel Piave; terreno demaniale affittato dal Comune che a sua volta lo affitta ai contadini, (le "prese delle grave"). Anche la Curia aveva del terreno nel Piave.
Sul Piave c'erano le vénghe (i vimini) che venivano pelate a giugno, per far cesti e noi ragazzini andavamo a prenderle e poi le vendevamo per comprarci qualcosa. L'arbusto era chiamato le buscariòe e i vimini non di buona qualità si chiamavano negrasse...
Nella zona a far cesti era un certo Fausto Polegato che abita in comune di Cornuda, appena fuori della statale Feltrina. È ancora vivo e ha un magazzino. Era Polegato a passare per le case a prendere le vénghe con un cavallino. C'erano dei proprietari che avevano qualche "isola" del Piave propria, ma noi ragazzini si andava anche là a portargli via le vénghe.
Dopo la guerra andavo a piombo e a scàje de fero, ma soprattutto si cercava il piombo delle palline degli "sdrapnel" (shrapnel). Vi andavano un pò tutti non solo i ragazzini, ma anche le femene e le tose. Si vedeva alla festa tutta questa squadra di persone che cercavano nelle Grave, specie dopo qualche colpo di grossa pioggia quando emergevano le pallottole dal terreno. Più tardi sono arrivati i cercametalli, ma io non li usavo anche perché costavano tanti soldi...
Molti recuperanti hanno anche preso la morte, spaccando le bombe. In paese è morto Nicoletti Sandro, nel bosco, sulla 16 ["presa" n. 16 del Montello], spaccando la bomba assieme a un suo amico e ai due figli di questo amico.
Profughi dopo Caporetto.
Siamo partiti di mattina, un giorno che pioveva. Sono arrivati i soldati ... via, via, via. E allora ciàpa, meti soto lo vache carga su quel poco che se podéa e via ... na piova, me ricorde. C'era qua dopo Rovarè un rialzo del canale che lo chiamavano el Via no, e là sotto ci siamo fermati un paio d'ore perché pioveva troppo forte. Era un rialzo artificiale del canale per produrre energia elettrica, e là sotto abbiamo trovato anche altre persone a ripararsi.
Avevo solo tre anni, ma me ricordo più lóra che dopo...
In stalla avevamo sei vacche e le abbiamo attaccate tutte sei sui due carri con cui siamo partiti: due vacche per carro davanti a tirare, e una legata dietro a ciascun carro.
In famiglia quando siamo scappati eravamo in 8 persone: mio padre Giuseppe (n. 1884) e mia madre Giuseppina Moretto (1889). Il nonno era Piero Bianchin e la nonna Angela Adami.
Io ero il più giovane dei fratelli e avevo due sorelle più vecchie, ancora vive. Una è del '10 e si chiama Prima e un'altra del '12 che è suora in Toscana a Firenze e si chiama Luigina (suora dell'ordine di S. Teresa del Bambin Gesù). Il fratello più grande si chiamava Piero ed ora è morto.
Con noi sono scappati i vicini (la famiglia di Ernesto Feltrin detti Tàiti). Ernesto era fratellastro di mio padre e aveva sposato una di San Vito di Altivole, (El)Isa Merlo.
A San Vito di Altivole siamo arrivati alla sera stessa, saranno una quindicina di chilometri... In casa dei Merlo (Tàiti) ci siamo sistemati in qualche modo. Ricordo che là vicino, a due-trecento metri, c'era un bivio dove gli inglesi lasciavano andare in alto un pallone con le corde per vedere nella zona del Piave.
Noi bambini andavamo a vederli tutti i giorni. Mi ricordo anche che c'erano gli scozzesi con le gonne corte (còtoe curte) e quando si abbassavano mostravano tutto, (a volte erano senza mutande), allora le ragazze scappavano e noi bambini ci divertivamo a dirglielo alle ragazze più grandi.

Mi mostra due bossoli raccolti sul Piave e lavorati subito dopo la guerra dai soldati che erano in zona a sistemare un po' i terreni. Su uno è scritto «Ricordo di guerra del Montello in Ciano 1917-18 Buratto Vittoria» (è il nome della suocera). L'altro bossolo ha la stessa scritta ma è dedicato a Buratto Pietro (suo suocero). 

[...] I soldati si erano "incasati" da noi subito dopo la guerra per coprire le trincee, e qualcuno di loro era specialista nell'incidere i bossoli.
Sotto i bossoli è scritto MB 917 5.
Sono in ottone e sono tenuti ben lucidi da mia moglie [Esterina Buratto, classe 1924].
Verso febbraio del 1918 la nostra famiglia fu mandata a Como perchè in casa dei Merlo eravamo in troppi; per la precisione ci hanno portato a Casatenovo, e là siamo rimasti fino al ritorno. Eravamo in un fabbricato grande, la nostra famiglia e altre 7-8 di Ciano. 
Siamo partiti in treno, ma prima di partire abbiamo venduto le vacche a una specie di ammasso del governo e qualcosa abbiamo recuperato; i carri e l'altra roba l'abbiamo invece lasciata alla famiglia Merlo.
Mio padre era militare e quando siamo scappati da Ciano verso San Vito di Altivole ci ha accompagnato lui, perché era in convalescenza perché si era spaccata la spalla; non con una pallottola ma mi sembra a causa di una pedata di mulo. Poi mio padre è tornato militare, sul Grappa. Ogni tanto, quand'era in permesso, veniva però a trovarci a Como. I nonni, a Como, andavano a lavorare in questa azienda agricola che chiamavano farma [?]. Era una grossa azienda con questa cascina a cerchio in cui si erano sistemate le famiglie di profughi...
Mi ricordo che andavo all'asilo dalle suore di Casatenovo. Stavo bene, bel ricordo, anche perché molti bambini del posto mi invitavano a casa loro e mangiavo con loro; e questo succedeva quasi sempre...

Nastro 1994/21 - Lato A
Aggiunte e precisazioni, 31 maggio 1994

La nostra casa, quando siamo ritornati, non era completamente rotta. Era bucata in qualche punto, ma non rotta. La prima linea tedesca era di là del Piave, cioè in questo punto a circa due chilometri, perché ci sono le grave, che allora erano anche molto spesso piene di acqua ... (c'era l'acqua granda)...
[...]
La casa Serena che si vede citata nelle carte si trovava e si trova sulla (presa) 12, al Cippo degli arditi, poco più avanti, là sopra. Prima c'è la scuola del Cippo arditi e poi c'è la casa, sulla destra.
I Serena erano dei signori di Cornuda, che avevano anche altre case, e all'epoca vi abitava anche proprio un Serena, però la terra era lavorata dai fittavoli, dalla famiglia Bolzanello di cui qualcuno è ancora vivo.
Finita la guerra e fino all'inizio della successiva si andava un po' tutti a trovare ferro e residuati bellici nel Piave. Io in un paio d'anni mi sono comperato la bicicletta.
Qualcuno si è comprato anche il cercaferro, verso il 1933-35. Ce n'erano diversi, Colle Angelo, Nicoletti Armando ... ma erano in 5-6 che andavano a cercare ferro attrezzati. Qualcuno ci è rimasto ucciso, ad esempio Nicoletti Rino, lui e tre suoi figli, spaccando una bomba perforante trovata vicino a casa, sulla 16. 

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