domenica 7 marzo 2010

Intervista a Dante Marchetto


Nato il 22 agosto 1910 a Portegrandi (VE). Residente a Portegrandi.

Nastro 1988/18 - Lato B      (da 13:00 su nastro originale)          Sabato 30 aprile 1988

Noi siamo venuti qua [all'osteria-negozio di Portegrandi] nel '18, appena dopo la guerra. Mio papà abitava nell'agenzia di Veronese, durante la guerra, la prima guerra mondiale, e tutti quanti sono andati profughi, distante, perché erano qua sul Piave, i tedeschi... 
Il padrone (Luigi) Veronese diceva a mio papà: «Momi - ha detto - tu prepara la roba sui carri, masserie, letti, roba... preparala sui carri che quando ci sarà proprio la rotta io ti avverto» ... perché lui era militare qua a San Micièl [a Quarto d'Altino], era dell'autocentro ... «e dura, resisti fin che puoi... ». E mio papà ha resistito, ha resistito fino a che sono stati respinti sul Piave, i tedeschi...
Mio padre all'epoca abitava dopo la chiesa di Portegrandi, nella sede centrale dell'Agenzia Veronese [dove c'è il capitello della Madonna Nera]. L'Agenzia non è stata colpita dalle bombe; là c'era l'ospedaletto, per i feriti che venivano dalle linee e non fu mai colpito neppure quello...
Le bombe ci passavano di sopra, anche i gas asfissianti, una cosa e l'altra. Io avevo sette otto anni e mi ricordo come adesso, mi ricordo come adesso perché a casa mia c'erano gli inglesi che sono venuti qua ad aiutarci. Erano della sanità ... roba di medici, quella roba là ... e avevano sulla mia casa, diciamo ... mia? di Veronese! ... dove abitavo io ... avevano recapito con le autoambulanze.
D. Erano inglesi o americani?
R. Inglesi, no americani ... inglesi.
C'era, poco distante da dove adesso c'e la lapide … una volta c'era un mulino, di quelli di una volta, che funzionava a corrente, aveva le mole; non con l'acqua, con la corrente elettrica, c'era una cabina, un trasformatore. Il mulino era dove adesso c'è la lapide. Era di proprietà dell'agenzia, ma dentro c'era un mugnaio che lo gestiva, Gildo Gasparinetti. Il mulino durò fino a un anno-due dopo la guerra, dopo la seconda guerra. La gente andava là a macinare ... a Musestre si andava a prendere la pasta, perché c'era un pastificio...
D. Come era la situazione, in agenzia, durante la prima guerra?
R. La situazione è stata questa: appena finita la guerra, Veronese chiama mio papà in mezà... chiamano mezà l'ufficio, là dove ci sono i padroni, dove c'era il contabile che teneva tutta quanta la contabilità ... ma dopo, erano ladri! I Veronese rubavano fuori anche Dio! E Veronese dice: «Senti, Momi - mio papà aveva nome Giuseppe ma era chiamato Momi, come soprannome - guarda che io mi ricordo di te ... sei rimasto qua, hai fatto la guardia all'agenzia... ».

Perché facevano lavorare anche i prigionieri ungheresi che erano qua ... perché i mobili dell'osteria, quando l'abbiamo aperta li hanno fatti gli ungheresi, i prigionieri. Uno si chiamava Kòciss...

E Veronese ha detto: «Senti, qua ci sono due posti, adesso, per te ... se vuoi andare a Portegrandi, Alle Porte (si diceva Alle Porte) ti do' l'osteria (l'osteria era sua di Veronese) ... e sennò se vuoi, puoi andare a Casale sul Sile - dove aveva una filanda. Scegli tu, come vuoi». 
Mio papà gli ha detto: «Senta, paron, se lei crede, a me piacerebbe andare Alle Porte ... là in osteria».
Noi eravamo tre maschi e due femmine, mio papà era del 1873 e ha vissuto fino al 1942 ... quando io ero richiamato a Napoli e mi hanno mandato un telegramma di venire a casa che mio papà stava poco bene e dopo è anche morto.
Pavan. Mi racconti dei prigionieri ungheresi, di questo Kòciss...
Marchetto. I prigionieri che lavoravano qua venivano giù dal Piave, a plotoni affiancati ... ma quanti! E allora sulle agenzie agricole, avevano l'autorizzazione di tenersene un pochi, a lavorare la terra, una cosa e l'altra, per i bisogni che c'erano...
Il padrone si chiamava cav. Carlo Veronese ... e dopo è stato anche deputato (ma non si diceva "deputato" con Mussolini...).
(…)
Prima di che la prendessimo noi, c'era sì l'osteria, e la gestiva Nino, che era imparentato con un altro oste che era alle Trepalade, là dove adesso c'è Cesaro... ma con la guerra questo Nino è andato via... e così è rimasto padrone Veronese.
Allora abbiamo aperto noi. Puoi immaginarti, quando abbiamo aperto non avevamo niente. Con le scatolette di carne che davano ai soldati ... battevamo l'orlo e ci mettevamo un pezzo di filo di ferro come manico e ... al posto dei bicchieri le scatolette di carne vuote!
Poi questi ungheresi ci hanno fatto il banco, un bel banco - e finita la guerra sono andati via subito, gli ungheresi - ma prima hanno fatto a tempo di farci il banco.
Perché quando sono venuti i tedeschi qua sul Piave, hanno preso tutti quei prigionieri là ... e poi la guerra è andata avanti mesi ancora ... non tanto, ma mesi.

Nastro 1988/19 - Lato A  (fino a 0:47 su originale)

Il banco è stato costruito costruito in particolare dal prigioniero Kòciss, che era falegname ... poi c'era anche uno più anziano di lui, che era austriaco, che lo aiutava...
 
 

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