mercoledì 3 marzo 2010

Intervista ad Augusta Bellò


Nata a Covolo di Pederobba (TV) il 4 marzo 1905. Residente a Crocetta del Montello. 
Nastro 1994/17 - Lato A            21 maggio 1994 
Convenevoli...
00:35 Ho iniziato a lavorare  a 12 anni, il giorno dopo che li avevo compiuti, perché eravamo tre orfani … e sono andata in fabbrica — all'epoca ci assumevano a quell'età — nello "Stabilimento", di Crocetta, il Canapificio Veneto. Eravamo in molti, lo stabilimento era grande, il padrone era Antonini Ceresa. 
Siamo scappati il 9 di novembre … Noi abitavamo sulla strada di Cornuda, e siamo andati ad Altivole. Siamo partiti con le bestie e il carro, e credevamo di star via tre giorni (che poi sarebbe finita la guerra), perciò abbiamo lasciato tutta la roba da vestire a casa. Sul carro abbiamo messo un po' di pomi e roba da mangiare, e abbiamo lasciato la casa piena del resto
02:44 Eravamo tre sorelle, mia madre Bonetto Antonia (mio padre Enrico Bellò era morto ... non conosco l'origine del suo cognome) … in tutto 11-12 persone (c'era anche mia zia). […]
04:23 Chi vi ha detto di partire?
Sono stati i soldati nostri italiani a farci andar via… perché i todeschi ormai erano al ponte del Piave, e i soldati sono venuti a dirci «presto presto, che domani fanno saltare il ponte di Vidor,  e i todeschi vengono di qua». 
Io ero piccola e mi pareva impossibile … ma dicevano che saremmo stati via per tre giorni solo, e per tre giorni eravamo anche disposti a star via abbastanza rassegnati. Non si pensava che sarebbe stata una guerra così, nessuno.
Ci hanno svegliato di notte i soldati nostri, dicendoci che ormai stavano arrivando i todeschi,  e alla mattina via di corsa, svelti svelti. 
05:31 E mentre noi scappavamo si incontravano tutti questi soldati, erano tutti a piedi. Loro salivano verso il Piave e noi si andava giù con il carro e le bestie, camminando a piedi perché nel carro c'era un po' di farina e poca roba da vestire. Il carro lo conducevano quelli dell'altra famiglia Bellò (Angelo, che era morto anche lui) e che viveva nella stessa nostra casa ed era stato attaccato alle bestie da mia zia, la vedova di Angelo. 
06:41 I due uomini di casa (mio papà e mio zio) erano morti giovani, di malattia, di tifo e di polmonite. Mio padre aveva 33 anni, era un bell'uomo … gli è venuta la polmonite, ed è morto in 8 giorni. Lavorava in fabbrica, era un operaio quasi capo… Lo zio Angelo invece è morto ancor prima, di una malattia… 
Un mio cugino, dopo che già eravamo arrivati ad Altivole, ha voluto tornare a casa ed è rimasto ucciso dalle bombe dei tedeschi. Si chiamava Giuseppe e aveva 16-17 anni. 
07:50 Era tornato a casa sua con le bestie a prendersi qualcosa, come aveva già fatto una volta. Era assieme a un altro … e quell'altro lo ha riportato ad Altivole con il carro, morto. A noi non l'hanno neanche fatto vedere.
La famiglia della zia era di tre maschi e tre femmine e con loro sono scappati anche i nonni.
Al ritorno dopo la guerra la casa era ancora in piedi, ma senza porte, con le coperte messe al posto delle porte … senza balconi. Ci siamo rimasti un po' di tempo ma poi abbiamo dovuto andarcene perché era impraticabile e inoltre non era nostra…
Quando siamo tornate a casa io e mia madre siamo andate a lavorare in fabbrica, e a forza di chiederlo ci hanno dato una casa in affitto, della ditta… 
I padroni della nostra casa di Covolo erano i Tenderini di Cornuda, e per ricostruirla aspettavano i soldi dei danni di guerra… 
10:14 Siamo scappati con un solo carro e due sole bestie; le altre bestie le abbiamo lasciate a casa e i soldati le hanno ammazzate e noi non abbiamo preso niente… 
Di mestiere si lavorava "in stabilimento", un po' tutti … ma avevamo anche la casa e un po' di terra a mezzadria, sotto Tenderini. 
Abitavamo sul confine per andare a Covolo. C'è una strada che va diretta a Cornuda e noi eravamo esattamente a metà strada fra Cornuda e Covolo. Però la strada lungo cui abitavamo era quella che veniva diretta dal Piave. 
Eravamo in campagna, in mezzo ai campi, ed era molto lunga per andare in stabilimento a lavorare … tutta strada che si faceva a piedi e con le galosséte con i chiodi sotto (e broche) … mi pare impossibile!
Abitavamo in comune di Pederobba, però quando si moriva si veniva portati a Covolo, e per andare in chiesa e battezzarsi si andava a Cornuda. Si era proprio sul confine. A scuola si andava a Levada e all'asilo ad Onigo, ma che lunga era! E noi ci siamo andati e sempre con le galosséte … 
13:04 Siamo partiti al mattino presto, erano venuti a svegliarci alle 4, e camminando siamo arrivati ad Altivole. Sul carro c'era solo la nonna vecchia. Quando siamo arrivati ad Altivole ci siamo fermati su una casa e ai padroni di casa, vedendo queste bambine … gli abbiamo fatto come pecà (pena). Solo che tutte le case erano piene di soldati e ci hanno dato una stanza sola. Allora noi bambine a dormire sotto il letto, mia nonna e quelli più vecchi (la zia e la mamma) sopra i letti. Non le dico cosa abbiamo passato! 
C'erano tutti inglesi allora: loro erano anche contenti, ci davano cioccolata.
14:20 C'erano scozzesi con le gonnelline tutte piegate; a noi bambine volevano molto bene e ci davano di tutto, e allora anche noi cantavamo… 
Siamo partiti in novembre e siamo rimasti ad Altivole fino all'aprile dell'anno successivo … quando siamo andati dalle parti di Sondrio dove avevamo uno zio, che ci ha chiamato nel suo paese. 
Sulla casa di Altivole c'eravamo solo noi come famiglie di profughi … ma era piena di soldati e si dormiva per terra sopra un po' di stracci.
Mentre scappavamo, a novembre, incontravamo soldati che andavano verso il Piave, tutti a piedi con questi zaini, poverini … e noi si camminava e non ci pareva neanche vero di vedere i soldati ... pensi, a 12 anni! 
16:35 Ad aprile [1918] nessuno vi ha mandato via... 
No, no. Siamo andati noi da questo zio che ci aveva chiamati a Teglio, in provincia di Sondrio, vicino alla frontiera con la Svizzera. Lo zio si chiamava Giuseppe Bellò ed era guardia di finanza in pensione, e là ci ha trovato un posto. Solo che non avevamo niente ... e neppure l'acqua si poteva bere tanto perché faceva venire un gozzo così. Era un'acqua pesante, in paese [a Teglio] erano tutti col gozzo … e noi non si voleva bere quell'acqua perché si aveva paura di prendere il gozzo anche noi. Era proprio l'acqua pesante ... c'erano tutte montagne vicino alla Svizzera.
18:26 Noi bambine andavamo a prendere legna sul bosco per fare fuoco. Mia madre aveva trovato un posto a Tirano per andare a servire e ha lasciato le tre toséte con la zia… 
Per la legna si andava sulla montagna con il permesso del Comune; si prendeva solo roba secca e si facevano queste fascinotte che poi me le mettevano sulle spalle in modo di poterle portare a casa… 
Eravamo solo noi due famiglie di profughi in quel paese, però abbiamo trovato delle persone che ci volevano bene.
19:43 Io ho trovato una amica che mi voleva bene come a una sorella e mi portava il ben di dio da mangiare; si chiamava Angelina. E fra quello che ci passava lei e quello che ci passava il governo noi eravamo contenti, non siamo morti di fame! 
Ma una mia sorella di dieci anni  è morta da profuga e siamo ritornate solo in due a casa. E a casa, dopo un anno, è morta anche l'altra sorella Enrichetta perché aveva preso le arie cattive. Le hanno ingessato la gamba, è andata avanti un anno e poi è morta di meningite a Montebelluna. Dapprima le era venuto un mal di gambe che non riusciva più a camminare… 
La sorella Carolina, morta a Teglio, è stata seppellita in una buca grande, con una cassa. E quanta strada da dove noi abitavamo fino a quel cimitero. Era lunga, e che ambiente! Non mi pareva più di essere a questo mondo, di esser qua in Italia … eppure par impossibile che ogni paese abbia altri modi, altre usanze.
22:35 Gli abitanti del posto erano tutti buoni, loro, ma tutti montagnèr … proprio in mezzo alle montagne, con questi gozzi. Avevano le camice da cui spuntava fuori il gozzo, e noi avevamo anche paura e non bevevamo l'acqua perché dicevano che ... era l'acqua pesante e allora si beveva poco. Erano presi male, insomma, non parevano neanche nostrani, non si vedeva l'ora di venire a casa, noi… 
Mia amica aveva il forno, faceva il pane e lo vendeva, aveva anche un negozio e non aveva il gozzo. Mi voleva proprio bene e mi portava da mangiare… 
Mia sorella è morta di malaria... no... di spagnola. [Non è chiaro a quale sorella si riferisca].
24:55 Appena è finita la guerra non si vedeva l'ora di tornare a casa e siamo ritornati  subito … ma era tutta rovinata. Abbiamo messo delle coperte per fare la porta … il tetto, ancora ancora, manco male … ma la casa era senza porte. Ma noi contenti lo stesso, pur di essere a casa nostra. 
Eravamo proprio in mezzo alla campagna, non c'era nessuno vicino, non c'erano fontane e per prendere un po' d'acqua da bere ci toccava fare un mucchio di strada. Si andava sul canale della Brentella, la Brantelona, e là andavamo sempre, anche prima della guerra. Avevamo un pozzo ma c'era l'acqua solo se pioveva, altrimenti via alla Brentella col bigòl … e c'era tanta strada da fare, come da qua [dove siamo ora] ai "Ponti Romani"..
L'acqua della Brentella era comunque bella, sana, non si prendevano malattie… 
27:05 In linea d'aria la nostra casa sarà stata neppure tre chilometri dal Piave.
La nostra casa era rimasta in piedi anche se dentro non c'era più niente… avevano portato via tutto, spaccato tutto ...  e Dio ha fatto che piano piano siamo andati in fabbrica, io e anche mia mamma, e poi con l'andar del tempo il padrone ci ha dato una casa. 
Non ho ricordi che sulla terra ci fossero tracce di battaglia, pallottole, morti, ecc… non ci fu bisogno di grandi sistemazioni. Gli alberi erano in piedi… 
28:20 Cosa (che lavoro) faceva, nello Stabilimento?
Si lavorava el canevo (la canapa) da cui veniva fuori il filo, lo spago... [Saluta un familiare]
In stabilimento arrivavano delle grosse balle. C'era una sala in cui le lavoravano, c'erano le macchine [...] insomma andava a finire che facevano spago. Dallo spago si passava alla gomitolatura, dove facevano i gomitoli.
Ho lavorato tanto io, era bello… c'erano delle macchine, era abbastanza rumoroso ma non proprio [insopportabile]. C'erano varie macchine, filatura [...] aspatura per le matasse, gomitolatura per i gomitoli… 
Ora abito in via Erizzo, a Crocetta. 
Ho avuto tre figlie e un figlio più vecchio … mi sono sposata a 22 anni; mio marito è morto 22 anni fa. Si chiamava Fornasier Giuseppe ed era operaio allo stabilimento anche lui. Era un lavoratore bravo, bon. Tutti abbiamo le nostre cattiverie, ma insomma … a savérse compatir! Cio' si aveva quattro fioi, andar lavorar, sonéa la sirena, non si sapeva a chi darglieli nel momento del cambio. Eh, signor! … si lavorava tutti e due, con quattro figli. 
Prima abitavamo in un'altra casa e si avevano due figli e poi ne sono nati altri due in questa casa qua. Anche questa era una casa del stabiìmento. Poi l'ha comprata mio genero. 
31:28 Vuole che le dica l'ultima? Una volta sono caduta nel Brentellone (el Branteón) e i soldati mi hanno salvato. Ero andata a prendervi un secchio d'acqua perché fontane non ce n'erano, di sera. Prendendo l'acqua ho piantato la testa e sono caduta nel Branteón … i soldati che stavano facendo il bagno poco sopra … [mi hanno salvato. Io mi ero aggrappata con le mani su dei rovi… ]

Nastro 1994/21 - Lato A     Aggiunte e precisazioni, 31 maggio 1994 
31:51 Giuseppe Bellò, quando è tornato a casa ed è rimasto ucciso era assieme a un altro cugino che si chiamava Giovanni. 
La moglie dello zio Angelo si chiamava Giovanna (e noi la si chiamava Nana) Marotto. 
Con noi sono venuti profughi la nonna Regina Marin; suo marito era morto… c'era solo la nonna Regina, quindi, profuga. 
Non ricordo le canzoni che cantavamo da profughi.
34:23 A Teglio, erano gli stessi abitanti del paese che dicevano che l'acqua era "pesante". Era l'acqua che faceva il gozzo … e allora se ne beveva il meno possibile, si aveva paura. 
Si mangiava polenta, si comprava il latte. Polenta brustolada, mattina, sera e roba in insalata: mangiare da profughi … ma là ci volevano bene tutti, dove eravamo. 
Quanto ho camminato in quelle montagne là ad andare a legna con il fascinét sulle spalle. Lungo le sue stradelle si aveva anche un po' di paura, ma con due tre ragazze del posto si andava assieme. Non da sole … si aveva anche il permesso del comune.  
36:43 Gli uomini di Teglio si chiudevano l'ultimo bottone della camicia e ne lasciavano aperti un paio sotto … e usciva il gozzo. Faceva impressione! Era l'acqua pesante … e allora noi si beveva poca acqua, anche perché non si facevano tanti pranzi da dover bere tanto. 
37:49 A Covolo, per lavare la biancheria andavamo sulla Brentella … avevamo il nostro lavèl che portavamo sul posto per inginocchiarsi a lavare. 
Quando sono andata a lavorare, a 12 anni ... non con le scarpe: con le galosséte … altro che adesso. A scuola con le galosce, a lavorare con gli zoccoli.
Ho fatto la terza elementare, a Levada. Avevo anche iniziato la quarta, andando a Covolo, ma è morto mio padre e ho dovuto restare a casa. [...]

Nastro 1994/21 - Lato B 
39:11 Quando sono caduta nel Branteón … ricordo che l'acqua mi ha portato via "sollevata" … mi sono aggrappata ai rovi in un modo tale che poi non riuscivano più a strapparmeli dalle mani. Ero tutta piena di spine, anche la faccia. È venuta mezza Crocetta a vedere se erano riusciti a salvarmi, dopo che si era sparsa la voce che ero caduta nel Branteón. Quando mi hanno tirato su sembravo una morta, ed ero anche «in stato» della bambina, che poi è nata sana; solo che finché non è diventata grandicella (5-6 anni) aveva il terrore di lavarsi e di mettere dentro i piedi nell'acqua.
Poi, piano piano, abbiamo tolto le spine. [...]

                                                                                      

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