Nastro 1999/5 - Lato A 17 settembre 1999
Siamo a Pontet, vecchio confine Italia-Austria nel Primiero (Val Cismon). Parlo con la signora Bond che, assieme al marito, gestisce l'albergo dove un tempo c'era anche la dogana. Di fronte a noi c'è il ponte sul torrente Cesila, che fa da confine (ora fra Trentino e Veneto, Trento e Belluno, fra il comune di Imer e quello di Sovramonte).
Subito a sud del ponte (in territorio veneto) è stato trovato un leone di San Marco che era infisso su una casa, dove ora si vede una scala che scende verso il lago. La casa è stata demolita nel 1963 e il proprietario ha venduto il leone; la signora Bond non sa a chi. Il lago che si vede si è originato fra il 1960 e il 1963, periodo in cui è stato costruito lo sbarramento per la centrale idroelettrica dell'Enel e si chiama lago di Val Schenèr, così pure la diga e la centrale che c'è più avanti. A guardia della Repubblica Veneta c'era un castello, che è andato a finire anche quello sotto l'acqua, ma era ormai già demolito. Comunque i castelli erano due: uno in territorio del comune di Sovramonte (BL) e uno un km e mezzo più indietro (in Trentino), a fianco della prima galleria che si trova sulla strada, e adesso è sotto l'acqua anche quello.
La casa che aveva il leone era abitata dai primi abitanti dello stato italiano, perché qua eravamo in Austria.
Io sono una Bond, originaria di Mezzano, e quando qua c'era il confine, non c'erano né mia mamma né mio papà.
Mio papà ha fatto il soldato sotto l'Austria e mia mamma abitava proprio qua, in questo gruppo di case, che allora si chiamava Montecroce. Di là, in Veneto si chiamava Pontet e di qua Montecroce. Poi il paese è scomparso. Erano quattro case in tutto, ed è rimasto il nome Pontet.
Mio papà ha fatto il soldato sotto l'Austria e mia mamma abitava proprio qua, in questo gruppo di case, che allora si chiamava Montecroce. Di là, in Veneto si chiamava Pontet e di qua Montecroce. Poi il paese è scomparso. Erano quattro case in tutto, ed è rimasto il nome Pontet.
Questa casa in cui ora c'è l'albergo era del Comune di Imèr che la dava in gestione come un'osteria a uno che era incaricato dal comune di assistere quelli della valle che uscivano e avevano bisogno di pagare il dazio. Quando, dopo il '18 non ci fu più il confine, è rimasta solo l'osteria; così mia mamma l'ha presa in affitto. Allora non c'era più la dogana, quindi era solo osteria e tabacchi. Mia mamma si chiamava Malacarne Gasperina Giuseppina ed era del 1890.
Pontet = ponte piccolo; però il confine era in realtà in località Monte Croce…
Poi mia mamma si è sposata con mio padre, che nel frattempo era ritornato dalla guerra, ed era anche lui del 1890. Si chiamava Pietro Bond … Bond, come 007!
Mio padre era stato militare in Galizia e non fu ferito; era istruttore di cavalleria.
Note 1) La tecnica utilizzata per la decorazione della pipa è la pirofotografia (o fotoceramica) che raggiunse il suo massimo splendore a fine Ottocento-inizio Novecento grazie all'opera di abilissimi artigiani. Essendo una lavorazione del tutto manuale, dai costi inevitabilmente molto alti, questa tecnica sarà destinata a un rapido declino a favore di forme di riproduzione fotografica più economiche. Cfr. Ando Gilardi, Storia sociale della fotografia, Bruno Mondadori, 2000, scheda a p. 405. (Consultaz. del 28.8.2012 su Google libri). 2) Per le caratteristiche tecniche della pipa, cfr. la sezione Museum del sito I recuperanti (Mezzano a Primiero). 3) Se si aggiunge quanto scritto nel n. 1 all'ancor più grande valore affettivo - essendo la pipa appartenuta al papà della persona intervistata - ci si potrà rendere conto dell'irreparabile danno da me causato con la rottura di questo esemplare, sfuggitomi di mano durante le riprese fotografiche. Un errore che non riesco a perdonarmi e di cui colgo l'occasione per scusarmi. |
Finita la guerra i miei genitori hanno preso in affitto questo pezzo di edificio dal comune mentre la parte di edificio più verso Primiero era di una famiglia di Fiera di Primiero, famiglia Benn, e quella era la casa in cui abitava l'impiegato del comune, gabelliere, quello che praticamente faceva le bollette del dazio; non mi ricordo esattamente come fosse chiamato.
La famiglia Benn, visto che non c'era più il gabelliere, ha venduto la casa ai miei genitori e poi in seguito abbiamo comperato noi (io e mio marito) anche il resto dell'edificio, che apparteneva al comune.
D. Quando suo padre è tornato dalla guerra e si è trovato sotto l'Italia, cosa ha detto?
R. Ah, ben, mio papà si è fatto sei mesi di prigionia a Isernia, e se non è morto là! Per poco vi moriva di fame, erano in una prigione, non gli davano niente da mangiare e quasi morivano di fame. Li hanno messi in prigione perché pensavano che fossero gente che avrebbe fatto disordini.
Mia nonna era di Riva del Garda, ed è venuta ad abitare qua. Lei era figlia di un gendarme, di un ufficiale, non so cosa fosse; probabilmente erano proprio austriaci "nella mente" e sarà stato questo che li ha…
Mia nonna era di Riva del Garda, ed è venuta ad abitare qua. Lei era figlia di un gendarme, di un ufficiale, non so cosa fosse; probabilmente erano proprio austriaci "nella mente" e sarà stato questo che li ha…
Mi mostra la foto di suo padre con un fratello vestito da prete.
Da sx i fratelli Aristide, Don Antonio e Pietro Bond, padre di Antonietta (Adina) che gestisce l'albergo "Al Lago" ex dogana austriaca di Montecroce-Pontet - (Foto gc. da A. Bond) |
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